Quando nasce “Bergamo & Sport”, il 24 agosto 2009, l’Atalanta comincia la stagione probabilmente più travagliata della sua storia perché terminerà con una retrocessione tra cambi di allenatore (ben quattro), crisi societaria, intrighi vari e veleni sparsi in quantità industriale coinvolgendo media, tifosi, ultras e benpensanti. Ivan Ruggeri, colpito da un’emorragia cerebrale, è in coma da più di un anno, la società è retta dai figli Francesca e Alessandro, affiancati da Cesare Giacobazzi e Carlo Osti. Finisce male su tutti i fronti fino a quando arriva Antonio Percassi che il 3 giugno 2010 rileva l’Atalanta. Comincia un’altra storia. Il presidente lo scandisce in dialetto: “Bisogna tornare su subito”. In serie A, ovviamente. Per l’occasione è stato richiamato a Bergamo Stefano Colantuono che centra l’obiettivo: promozione con il primo posto davanti a Siena e Novara. Domenica 29 maggio Bergamo è in festa ma, purtroppo, dura poco, il 1 giugno, è un mercoledì, scoppia lo scandalo del calcioscommesse. L’indagine della Procura di Cremona (Last Bet) coinvolge anche Cristiano Doni, tra i principali protagonisti dello scandalo calcistico, tant’ è vero che pochi mesi dopo (19 dicembre) l’ex capitano dell’Atalanta finirà in carcere. La giustizia sportiva, intanto, infligge a Doni cinque anni di squalifica e all’Atalanta otto punti di penalizzazione (6 nel 2011-12 e 2 nel 2012-13). “Dai diamanti non nasce niente, dal letame può nascere un fiore” cantava De André. E infatti è un campionato bellissimo. In società arriva Pierpaolo Marino, navigatore indiscusso della politica federale e leghista (intesa come Lega Calcio), un plenipotenziario adatto all’uopo: sistemare con cura l’Atalanta sia politicamente sia sul calciomercato. Confermato Colantuono, Marino porta a Bergamo German Denis, a disagio con l’Udinese, Maxi Moralez ed Ezequiel Schelotto. Poi l’esplosione di Giacomo Bonaventura. La squadra prende subito il volo e in tre partite azzera l’handicap dei sei punti. I nerazzurri concludono il campionato collezionando 52 punti, Denis è il re del gol (16) e Maxi Moralez è il principe degli assist (6). I due argentini formano una coppia anomala (un Tanque e una farfalla) ma efficace e prolifica. Dopo un anno di convivenza forzata Marino lascia a Giovanni Sartori, poi toccherà a Maurizio Costanzi prendere il posto di Mino Favini. Intanto Stefano Colantuono termina la sua lunga avventura (ben 6 anni e mezzo) sulla panchina nerazzurra il 4 marzo 2015. La squadra naviga in brutte acque, serve una scossa e al suo posto arriva Edy Reja. Il tecnico romano è entrato di diritto nel guinness dei primati atalantini. Per gli esteti del gioco del calcio la sua filosofia era prosaica: gioco essenziale, tanta fisicità, difesa ferrea e concretezza in fase offensiva. Quindi poco incline a lanciare i giovani ma efficace nello sfruttare le capacità tecniche dei giocatori a disposizione. Senza voli pindarici.

Eppure sono sempre arrivati i risultati. Giacomo Bonaventura arriva da S. Severino Marche. A Zingonia si allena e nel frattempo frequenta l’istituto Paleocapa che abbandonerà per dedicarsi, corpo e anima, al calcio. Esordisce in serie A, a 19 anni, nel maggio del 2008. Per quasi cinque stagioni diventa il golden boy dei nerazzurri fino all’esordio in Nazionale. 135 le sue presenze, 24 gol prima di passare al Milan. Centrocampista offensivo, vincente nei dribbling, sa anche ricoprire i vari ruoli del centrocampo con efficace duttilità tattica. Edy Reja o della saggezza. Arriva a Bergamo, chiamato da Pierpaolo Marino, a guidare una squadra che sta scivolando lentamente nei bassifondi della classifica. Parma-Atalanta, la prima sulla panchina nerazzurro, è il manifesto della paura, horror calcistico. Manco fosse un film di Mario Bava o Dario Argento. Il tecnico goriziano non fa rivoluzione, apporta qualche piccola modifica tattica ma soprattutto infonde serenità e moderazione. L’Atalanta si salva. Reja, nel 2015-2016, cambia modulo e sposa il 4-3-3 e il girone d’andata è un fuoco d’artificio di risultati e bel gioco. Signore d’altri tempi, si entusiasma a tal punto che regala, di tasca sua, ai giocatori 100 mila euro. Mai visto nulla di simile. Nel girone di ritorno, però, l’Atalanta s’inceppa e in 14 partite non riesce a vincerne una. Si finisce il campionato al 13esimo posto. Percassi decide di rinnovare e Sartori propone Maran che è ancora sotto contratto del Chievo. Nasce un braccio di ferro col presidente clivense Luca Campedelli. Vincerà lui e, per nostra fortuna, Maran resterà a Verona. Allora Percassi accetta il suggerimento di Preziosi e ingaggia Giampiero Gasperini. Dall’estate 2016 ad oggi tre campionati vissuti pericolosamente fino al massimo dello splendore. Dall’infausta notte di Atalanta-Palermo (21 settembre 2016) ai fuochi d’artificio di domenica 26 maggio 2019 con l’incredibile approdo in Champions League. Da una parte Gasperini frantuma i tradizionali racconti del campionato italiano: grandi da una parte, piccole dall’altra. S’infrange una storia, il campionato subisce una significativa cesura. Presto detto, l’Atalanta si insedia prepotentemente e con largo merito al tavolo della nobiltà calcistica. La squadra frantuma i record: quarto posto lasciando alle spalle Milan, Lazio ,Inter e Fiorentina. Il forziere dell’Atalanta s’impingua di pepite d’oro con le cessioni di Gagliardini, Kessie, Conti.

Nel frattempo Percassi s’intende al volo col sindaco Gori per l’acquisto del vecchio Comunale. Dopo dibattiti che durano lunghi lustri, presunte cordate di imprenditori, miopie di amministratori vari il Comunale cambia definitivamente proprietà. Dal pubblico al privato. L’Atalanta torna in Europa: spaventa l’Ol. Lione, schianta l’Everton, s’allena con i ciprioti dell’Apollon e fa venire la tremarella al Borussia Dortmund. E’ solo un aperitivo. Ilicic esalta i nerazzurri che bissano la qualificazione ma ci sono i preliminari da giocare. Gasperini ha impresso il suo sigillo, il gioco, gli schemi e i moduli sono ben definiti. Spesso le squadre avversarie escono tramortite dal campo. Certo, Copenaghen fa piangere Bergamo. Ci vuole un po’ di temo prima che la ferita si rimargini. In autunno l’Atalanta è in zona retrocessione, la vittoria straripante sul Chievo rilancia i nerazzurri. Ilicic è tornato, Gomez, convinto dal Gasp, si inventa regista, la difesa è un baluardo, i due mediani De Roon e Freuler sono un argine invalicabile, e Zapata segna a raffica. Cade la Juve in Coppa Italia, cadono Napoli, Inter e Lazio. Si sgretola un tabù dietro l’altro, quasi un trattato di psicanalisti dedicata al gioco del calcio. Arriva la finale di Coppa Italia davanti a 25mila bergamaschi, vince la Lazio tra le polemiche. Si osa pensare ad un posto in Champions. In campionato è un bagarre continua. Senza fine, senza esito. All’inverosimile. Nella notte del 26 maggio l’Atalanta entra nella storia. E’ Champions. E Bergamo & Sport festeggia dieci anni di vita. Che compleanno.
Giacomo Mayer