Rinata nell’ormai lontano 1999, la Falco Albino vede in Paolo Grigis una delle figure fondamentali della nuova fondazione. In occasione di un’intervista, l’attuale addetto stampa ha brevemente raccontato le dinamiche della rinascita e del nuovo corso sorto tre anni fa: «La vecchia gestione è stata rifondata da parte dello scomparso Guido Carrara di Selvino, di Oriano Signori e me nel lontano 1999: poi, tre anni fa, attraversammo alcune difficoltà e così abbiamo trovato aiuto da tre nuovi dirigenti che attualmente compongono il nuovo Consiglio d’Amministrazione: Claudio Arizzi, Fausto Selvinelli e Nicola Radici. Il loro ingresso ha portato nuova linfa sia dal punto di vista economico che da quello dell’entusiasmo: in precedenza, infatti, risultava difficile ottenere giocatori di alto livello o allenatori quotati per il settore giovanile poiché i costi erano alti. Ora – prosegue – invece siamo più sereni ed il livello si è alzato, ma è sempre complicato ricavare guadagni dalle spese. Il primo anno siamo subito saliti alla grande vincendo il campionato, mentre ora sono due anni che vinceremo l’anno prossimo (ride, n.d.r.)».

Alla guida della società, dal 2003, c’è Pierangelo Peracchi, una personalità che ricorda quella di un presidente d’altri tempi: «Il nostro è un Presidente dal vecchio stile e l’atmosfera che vuole ricreare in società è quella di una famiglia: a volte si ferma ancora con i ragazzi, fa il guardalinee o attacca gli striscioni. È una figura presidenziale che definirei molto distante da quella di alcuni presidenti di oggi, Peracchi è più che altro visto come un papà, sia dai bambini che dai ragazzi della prima squadra”. Il suo essere di parola è testimoniato dalla sua concezione nei confronti delle fusioni: “Non le ama per nulla in quanto è vero che portano soldi, ma è altrettanto vero che esclude parte dei ragazzi coinvolti nelle società: in più di un’occasione si era parlato di unirci a società più quotate, ma nel momento in cui era chiara la scomparsa di alcune squadre o giocatori il Presidente ha detto di no. Al contrario con l’entrata dei soci è rimasto soddisfatto poiché la struttura societaria si è rinforzata pur mantenendo i giocatori presenti: non eravamo più parte passiva di una fusione bensì siamo stati attivi in prima persona».

Un aspetto che sta a cuore della Falco e che la contraddistingue è certamente il settore giovanile descritto da Grigis: «Il settore giovanile è stato potenziato e ne siamo contenti: abbiamo adottato una politica volta alla valorizzazione dei ragazzi provenienti proprio da Albino, anche portandoli da altre società: mi vengono in mente Colombi dalla Virtus, Crippa dalla Ghisalbese o i nostri Cortinovis, D’Agostino e Azzola. Lo sforzo è importante perché se dobbiamo prendere un buon giocatore di Albino molto spesso questo milita in altre squadre. Il presidente è soddisfatto ci ciò e qualora non lo fosse è perché la presenza di un responsabile gli impedisce di agire in prima persona, lui gradisce particolarmente il contatto con i ragazzi. Ciò nonostante, però, ne io che potrei avere voce in capitolo ne lui che è il presidente infieriamo sull’attività di persone appositamente inserite in quelle mansioni, giustamente aggiungerei».

Nell’annata che si è appena conclusa, la Falco si è combattuta nel Girone F di Prima Categoria attraversando alti e bassi che le hanno comunque permesso di contendersi i playoff, dalla quel poi sono stati eliminati al primo turno in favore del San Pancrazio. L’epilogo amaro, però, non muta la prospettiva dell’analisi di Grigis: «Il bilancio è positivo in quanto siamo arrivati quarti in campionato dopo un avvio di sei sconfitte consecutive che ci aveva relegato sul fondo della classifica: a quel punto abbiamo deciso di sostituire l’allenatore, non tanto per le buone qualità tattiche di cui disponeva quanto per la mancanza di sintonia con il gruppo, era facile percepirlo dall’interno. Non volendo prenderne un tecnico che semplicemente era sulla piazza, è nata l’idea di mettere in panchina il nostro capitano Magoni, il quale ha quindi smesso di giocare: il risultato è stato ottimo poiché abbiamo infilato una striscia di sei vittorie di fila le quali ci hanno permesso di risalire la graduatoria. In più anche le partite di Coppa Lombardia ci hanno in parte condizionato nonostante abbiamo raggiunto la semifinale dopo che l’anno passato avevamo perso la finale. C’è sicuramente un po’ di rammarico perché sin dalla rifondazione l’obbiettivo è quello di conquistare la Promozione, ma da parte mia il bicchiere è sempre mezzo pieno».

Con la nuova stagione ormai all’orizzonte, la società è già al lavoro e con un progetto rivisitato: «In vista della prossima stagione stiamo già operando per costruire una buona squadra che però comporti meno costi rispetto a quella dell’annata appena conclusa: gli sforzi sono infatti stati notevoli ma vogliamo comunque garantirci un campionato da metà superiore della classifica. In precedenza una società calcistica era un’azienda per divertirsi, mentre ora la sue gestione la rende un’azienda a tutto tondo. Di conseguenza alcuni giovani di buona prospettiva saliranno in prima squadra in vista della prossima stagione: basti pensare che l’anno scorso la Juniores ha vinto il Campionato e la Coppa Bonacina, perdendo una sola partita in tutto l’anno, e anche gli Allievi e gli Esordienti hanno vinto i rispettivi campionati». Il potenziale del settore giovanile deve poi fronteggiare una realtà che si scontra con l’ideale della Falco: «Purtroppo dobbiamo anche convivere con i cosiddetti saccheggi: da un lato non possiamo imporre nulla a coloro i quali da contratto risultano liberi, mentre dall’altro è proprio la nostra filosofia che non ci porta a costringere nessun ragazzo a restare. Anche chi è vincolato può partire se lo vuole».

L’ormai longeva permanenza di Paolo Grigis all’interno della società permette inoltre di far emergere numerosi ricordi e soddisfazioni ottenute nel corso degli anni: «Se devo pensare a dei ricordi mi viene in mente la prima promozione, ma diciamo che ci sono ricordi legati sia ai traguardi raggiungi che a singoli episodi: per esempio il primo anno avevamo solo la prima squadra mentre nel 2000 inserimmo anche gli esordienti andando a radunare tutti i ragazzi scartati da altre squadre. In quell’anno arrivammo ultimi e quando incontrammo il Villa di Serio, che era anch’esso a zero punti, promisi ai ragazzi una pizza nel caso di sconfitta: perdemmo 4-0 ma i bambini erano contentissimi perché si usciva a cena tutti insieme. L’anno dopo, invece, con gli stessi bambini abbiamo vinto il campionato dei giovanissimi, è una soddisfazione di gruppo che va aldilà del successo in campo. Negli anni siamo inoltre andati a Barcellona per disputare i tornei di Pasqua riuscendo anche a portare 70 ragazzi al Camp Nou per vedere Barcellona – Juventus: in quell’occasione non fu facile convincere lo staff della Juve a darci tutti quei biglietti ma alla fine fu bellissimo. Poi penso a quando vincemmo invece il campionato di Terza Categoria: durante il campionato andammo in ritiro per tre giorni alla Rosa Camuna dove dovevamo incontrare il Val di Scalve, e la società pagò anche la permanenza di tifosi e mogli poiché essendoci una sola squadra potevamo permettercelo. Infine logicamente ricordo la cavalcata con Mario Astolfi in cui vincemmo il Campionato di Seconda Categoria con due mesi di anticipo tre anni fa: fu indimenticabile perché fummo la squadra più vincente dell’anno, è una statistica che mette sullo stesso livello società di diverse categorie ma è pur sempre una grande soddisfazione».

La lunga militanza è inoltre una ragione per analizzare l’evoluzione della gestione di una società nel corso degli anni: «Prima c’era molta più spensieratezza: spesso per esempio si andava con i ragazzi in discoteca a festeggiare le vittorie. Ora questo non è più possibile in quanto le spese sono da gestire giustamente con maggiore attenzione e anche il numero dei tesserati è decisamente aumentato. La nostra filosofia di divertimento – continua – è ancora presente tutt’ora, ma è stata adattata alle nuove dinamiche del calcio: questo comporta comunque dei vantaggi quali la possibilità di accogliere allenatori e giocatori di livello, aumentando anche le ambizioni».

Al termine della chiacchierata, non può mancare una riflessione riguardo cosa rappresenta per lui la Falco: «Con la scusa di aver partecipato alla rinascita Falco spesso litigo con mia moglie, è qualcosa da cui non riesco a staccarmi anche se a volte lo vorrei perché l’impegno che richiede è di sette giorni su sette. Questo non va bene perché quando sei alla Falco sei distante dalla famiglia, mentre quando sei in famiglia è la Falco che ti cerca: è un po’ esagerato ma la passione è sempre tanta ed avendo questo profondo legame mi sentirei in colpa se dovessi andar via. Il sostituto lo troverebbero subito ma sono le radici che mi mantengono legato».

Luca Piroddi