Ieri sera ho parlato lungamente al telefono con Diego Belotti, l’attuale presidente della Grumellese, da trentatre anni in giallorosso, fianco a fianco con Marco Scaburri per rendere sempre più grande il loro club. Non era arrabbiato, semplicemente deluso perché nel mio articolo di ieri sul momento della Grumellese non ne avessi citato il costante impegno. Lo faccio ora, premettendo prima una cosa importantissima: chi ha letto tra le mie righe un velato attacco a Diego si è profondamente sbagliato. Non era mia intenzione. Non conosco personalmente Diego Belotti, ma ne so qualcosa attraverso le parole di tante persone del nostro mondo calcistico. Come Marco Scaburri anche Diego Belotti ha un’immensa passione per il pallone, come Marco Scaburri anche Diego Belotti ha speso gran parte della sua vita per la Grumellese, arrivando insieme a portare la società a tagliare quell’immenso traguardo che è la Serie D, come Marco Scaburri anche Diego Belotti ci ha messo anima e cuore, sempre, quando le cose andavano bene come quando andavano male ed erano soli al comando. Quando ieri ho parlato di “gente senza riconoscenza” non mi riferivo assolutamente a lui. E scrivo queste poche righe per chiarire ulteriormente il mio pensiero. Da direttore del Bergamo & Sport, la stima per chi ha portato la Grumellese ai vertici del calcio in Lombardia è grande. E dispiace che i giallorossi, che sono soprattutto Marco Scaburri e Diego Belotti, stiano vivendo un momento complicato, come capita qualche volta nelle migliori famiglie e pure nei grandi amori.
Matteo Bonfanti