Oltre che Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori è un grande appassionato di calcio. Dice che non guarda quasi più la televisione da quando ha chiuso la sua carriera tra Mediaset e Magnolia, se non il calcio, soprattutto con suo figlio Alessandro, che ha rafforzato la sua simpatia per l’Atalanta (da piccolo però era un “riveriano” convinto). Da un po’ di anni è presenza fissa allo Stadio di Bergamo, ha preso posizione molto netta a difesa dei tifosi della Dea dopo gli episodi del febbraio scorso a Firenze e soprattutto alla sua amministrazione si deve la costruzione del percorso politico e amministrativo che ha portato all’attesa completa ristrutturazione dello stadio all’Atalanta.
Sindaco Gori, avrebbe mai pensato di trovare l’Atalanta in finale di Coppa Italia? «Sai cosa? Questa Atalanta non ha mai smesso in questi anni di sorprenderci. È proprio cambiata la mentalità della squadra, che non entra mai in campo con spirito dimesso, ma gioca sempre per vincere, e qualunque risultato, di conseguenza, diventa possibile. Detto questo… (ride ndr) non avrei mai immaginato di essere in viaggio per Roma, adesso, perché mi sembrava un sogno troppo bello. Invece siamo qui e condivido l’entusiasmo e le speranze di tutti i tifosi».
C’è un artefice, secondo lei? «È un mix, una magica alchimia. In questo risultato c’è il dna dell’Atalanta, che arriva prima di Gasperini e fors’anche prima di Percassi, cioè la tradizione di una squadra che da sempre scommette sui giovani; dopodiché Antonio Percassi ha portato dentro la società una mentalità manageriale combinata a vero e reale affetto per la squadra – un manager può anche essere distaccato, pura competenza, invece qui ci sono passione e competenza; Gasperini infine è il jolly, quello che davvero cambia la mentalità della squadra (perché con Percassi abbiamo avuto anche Colantuono, ma non giocavamo mica così): il Gasp è veramente un numero uno.Lo vedi non solo dal modo in cui mette in campo la squadra o dalla mentalità che ha costruito; lo vedi nel rendimento che guadagnano nel corso della stagione giocatori che arrivano a Bergamo senza grande pedigree e che spesso lo perdono nel momento in cui vanno a giocare da un’altra parte: si vede che c’è qualcuno che è capace di tirar fuori il meglio da ciascuno di loro».
Qualcosa è cambiato, però in questi anni, visto che fino a due anni fa l’Atalanta schierava giocatori che venivano dal proprio vivaio… penso a Caldara, Gagliardini… «Tutta gente che è andata in nazionale, non dimentichiamolo…».
…adesso invece nell’11 titolare il vivaio non c’è praticamente più. È un ulteriore passo in avanti, secondo lei? O stiamo perdendo qualcosa? «Intanto il settore giovanile non ha smesso di sfornare ed è ancora pronto a produrre nuovi campioni. Ma forse per giocare in quella fascia lì, quella che si gioca le Coppe Europee, l’Europa o addirittura la Champions League, hai bisogno di aggiungere qualcosa. La buona gestione del mercato degli ultimi anni ha permesso di fare acquisti importanti: uno come Ilicic è una ciliegina sulla torta ed è uomo che sa fare la differenza, così come Duvan Zapata. Il mio sogno è che lo stadio di proprietà sia un ulteriore propellente, un cilindro in più che si aggiunge alla forza di questo motore. Perché così è in giro per l’Europa: le squadre che hanno lo stadio di proprietà riescono proprio da lì a trarre risorse che consentono loro di salire stabilmente di un gradino. Speriamo».
È più faticoso arrivare in champions o avere uno stadio nuovo? «È stato faticoso. Credo che da fuori i cittadini, e in questo caso i tifosi, non se ne rendano conto, ma realizzare progetti di questa dimensione in Italia è una cosa difficilissima.»
Perché? «Perché il grado di complicazione normativa e burocratica che si è sedimentato rende ogni percorso di questo tipo un’impresa. Noi lo abbiamo fatto perché avevamo le idee molto chiare, ancora prima di candidarci nel 2014. Ricordo il dibattito che all’epoca si svolgeva sui giornali in città, era il periodo in cui la Giunta Tentorio promuoveva il progetto della Cittadella dello Sport a Grumello del Piano con un intervento molto pesante in pieno parco agricolo. Mi sembrò difficilmente realizzabile visti i costi che aveva. E infatti fu così, non c’erano proprio le condizioni per farlo. Questa strada era più semplice: teniamo lo stadio lì dov’è, confermiamo le funzioni vitali – quella sportiva è tra queste – dentro la città, perché la rendono viva, e facciamo un importante operazione di restyling. Nonostante questo siamo stati 5 volte in Consiglio Comunale, varianti di piano, mille permessi e autorizzazioni da acquisire, ma la soddisfazione di essere arrivati a questo risultato è grande. Ovviamente non è solo merito nostro, anzi: noi abbiamo creato le condizioni dentro le quali è maturata la determinazione di Atalanta, che ha investito prima per comprare e poi per riqualificare lo stadio 40 milioni di euro, non uno scherzo… Insomma, senza la famiglia Percassi non sarebbe successo».
Tornando alla finale di Coppa Italia, che tipo di partita si aspetta? «Spero che non cominci come le ultime partite, cioè prendendo un gol (ride, ndr). È vero che la squadra ha sempre reagito e poi ribaltato il risultato. Ma insomma, preferirei che si evitasse andare sotto… Mi aspetto una partita giocata con l’intensità e il ritmo che ormai sono diventati la cifra di questa squadra. Devo dire che una delle soddisfazioni è quella di non incontrare amici interisti, milanisti, juventini, che però ci dicono “Come gioca bene l’Atalanta. Lo striscione a Genova la scorsa settimana, il sindaco di Milano che consiglia all’Inter di comprare l’Atalanta in blocco… Credo che tutti siano consapevoli dell’importanza della posta in gioco, ma spero che non ne siano condizionati, ma che giochino con la leggerezza e la grinta che tante volte si sono viste in questa stagione, quelle di un gruppo di ragazzi a cui piace giocare a pallone».
Di questi ragazzi qual è il suo preferito? «No, non si può dire…».
Uno ci sarà che le piace più degli altri… «Ce ne sono tanti. Ne dico tre. Due giocano all’attacco, sono il Papu e Ilicic. E un altro che mi piace tanto è lì in mezzo, è Remo Freuler. Secondo me si fa un gran mazzo a centrocampo e soprattutto è uomo di straordinaria continuità. Al di là delle mie preferenze, comunque, la cosa bella è che in questa squadra sono tutti determinanti, a partire dagli esterni: Hateboer, Goesens e Castagne, chi avrebbe mai detto che potessero arrivare a questi livelli? Abbiamo rimpianto la partenza di Spinazzola e Conti, ora ne abbiamo tre agli stessi livelli…».
E intanto Spinazzola e Conti son spariti… «Abbiamo una difesa solida, Masiello, Palomino sono straordinari, ma lo stesso Djimsiti ha fatto una seconda parte di campionato alla grande. Zapata è il primo marcatore al netto dei rigori, quindi i goal parlano per lui… è difficile dire quale sia il mio preferito. Ma mi son sempre piaciuti quelli che inventano, che hanno creatività, quindi per questo ti dico Papu e Ilicic».