Prendete un navigatore satellitare, uno qualsiasi di quelli che è possibile scaricare con destrezza sullo smartphone e una volta lanciato, inserite queste coordinate: Latitudine: 45°47′37″ Nord Longitudine: 9°39′35″ Est. Vi ritroverete in un paese della provincia bergamasca, a metà strada tra il capoluogo e le piste da sci. Sarete in Val Brembana, a Zogno.

C’era una volta… a Zogno – Per parafrasare il titolo di un film di Sergio Leone, tutto comincia proprio lì, a Zogno, giocando nel cortile di casa con la mamma, perché in casa Adobati è la signora la vera tifosa, con anche un passato nella Fossa dei Leoni rossonera ed è lei ad assumersi l’onere e soprattutto l’onore di iniziare l’erede al gioco più amato al mondo. In un pomeriggio come tanti, passa davanti casa un dirigente della squadra del paese e qualcosa gli dice di fermarsi a buttare un occhio al giovincello che suda e si affatica per domare un pallone ancora esageratamente sovradimensionato per la sua statura. Effettivamente il suo sesto senso non sbaglia e sornione tenta l’approccio: dopo i soliti convenevoli con la mamma prova a convincerla a portare il piccolo Fabio al mitico campo Polli, oggi tristemente fuori uso, dove i giovani virgulti della Zognese si radunavano per gli allenamenti. Sul campo in riva al Brembo, Fabio ci passerà poco tempo poiché arriva lesta una chiamata del maestro Bonifaccio e così cambiano ancora le coordinate al nostro racconto, dalla Val Brembana a via Baioni, in città. Google Maps indica circa 15 minuti, con traffico regolare da Zogno al Campo Utili, ma per Fabio la prima volta sembra un viaggio infinito. L’emozione si potrebbe toccare con mano, ma appena appare il pallone tutto pare andare come deve. E dopo aver mangiato pane e tecnica individuale per le prime due stagioni della sua carriera è tempo di raggiungere Zingonia, l’astronave madre dove attraccano tutte le giovani promesse atalantine.

Clicca qui dalle sei del lunedì mattina per leggere l’intera storia di Fabio Adobati