Chissà quante volte, d’ora in poi, mi sveglierò sentendo addosso il profumo del luglio, che per me sa di te sul sedile della Printz, col nonno alla guida, lanciati lungo la via Emilia verso il sole della Riviera. D’ora in poi, non subito subitissimo, domani. Domani nasconderò il mazzo delle nostre carte da briscola, smetterò di cercarti sulla spiaggia finito il bagno di metà mattina, intenta a corrermi incontro per abbracciarmi e per portarmi l’accappatoio blu, la pesca e il bombolone, domani forse diventerò grande. D’ora in poi, ma dico con calma, domani o dopo, non oggi, perché oggi ho bisogno che tu mi stia accanto, sempre e per sempre dalla mia parte, come in tutti questi anni, ancora. “Sei tu, Matteo?”, “Sì, sono sotto, c’era un sacco di casino in autostrada. Mi apri?”, “Sì, butto le tagliatelle e ti do il tiro”. “Sei tu, Matteo?”, “Sì, forse, no, non lo so. Nonna, sono io, ma non quello di adesso, sono il bambino di quei tempi là, piccolissimo sul cavallo a dondolo di Montecatini, di nuovo tra le tue parole, nei bigliettini che facevamo in bella calligrafia per i compleanni degli altri e per il nostro Natale. Ma continuo a piangere, come quel giorno sotto i portici andando a San Luca a pregare la Madonna. Mi si annebbiano gli occhi, non mi escono le frasi, non ho la minima idea di cosa io possa o debba fare”, “Forza, che non è successo niente… E tu a scrivere sei il migliore… La mamma è lì?”, “No, la Vale non c’è e poi voglio stare un altro po’ da solo con te. Ho bisogno di stringerti e di non lasciarti andare. Non voglio che vai”. “Sei tu, Matteo?”, “Sì, nonna, ma non mangio le lasagne e manco le polpettine, che poi è tutto troppo buono e mi abbuffo e mi addormento sul divano. Devo fare una cosina: ringraziarti di essere stata l’unica al mondo ad avermi accolto ogni volta, nel freddo e nel sole, nella gioia e nel dolore, da bimbo, da ragazzo e da uomo”. “Sei tu, Matteo”, “Sì”, “E allora basta con quelle lacrime, che io non l’ho mai fatto”, “Però tu eri una ragazza, per di più una Cremonini, per di più, dico per di più ancora, la più bella donna di Sant’Agata Bolognese. Io il primo maschio della tua stirpe, un Bonfanti e manco bellino…”, “Sei stupendo e geniale, lo sai, e lo eri pure da cinno, da ninein”, “Resta un altro po’… Ho bisogno che me lo dici ancora, l’ultima e poi l’ultimina e poi l’ultimissima e poi l’ultimissimissima…”, “Dai, corri qui, fatti abbracciare…”, “Grazie, nonna, nonnina mia”.
 
Questa mattina alle sei è morta la mia nonna, la Pina, che mi ha cresciuto, amato, sfamato, difeso e coccolato, apprezzato, leggendo divertita qualsiasi mio scritto, chiamandomi ogni settimana per dirmelo. Qui è con Cesare, suo nipote, un altro ragazzo che lei ha sempre sostenuto. 
Matteo Bonfanti