Calcinate – In questi tempi difficili, irti di ansie e preoccupazioni, si sente la necessità di trovare un rifugio virtuale nella spiritualità. Lo hanno ben colto nella cittadina della Bassa bagnata dal torrente Zerra, dove con un’azione sinergica dall’alto valore culturale si vuole offrire a tutta la cittadinanza e a tutti gli appassionati di musica sacra, un eccezionale concerto d’organo alla presenza dell’illustre Maestro Eugenio Maria Fagiani, di cui parleremo più avanti. Fare Comunità è percepire un bisogno, utilizzando quanto il proprio territorio offre. Ci hanno pensato Comune di Calcinate, Club Amici dell’Atalanta di Calcinate, la Parrocchia di Santa Maria Assunta, l’Oratorio e Berghem Mola Mia ad unire le proprie forze perché il meraviglioso Organo Serassi 1815, autentico monumento nazionale, tornasse a offrire uno spettacolo musicale dalle mille forme sonore. La Famiglia Serassi espresse il meglio dell’arte organaria nell’800, diventando autentico punto di riferimento nella produzione di organi di pregio. L’organo di Calcinate rientra tra i pochi che conservano caratteristiche uniche quali la batteria di percussioni ancora funzionanti e quindi l’evento che si svolgerà nel pomeriggio di domenica 5 giugno è da considerarsi un unicum nel panorama musicale italiano contemporaneo. Nel corso dell’evento verrà eseguito il contenuto del cd “1815-Seeds of Romanticism in Italy” edito dalla Casa Editrice Da Vinci Classic (Giappone). Come detto, a dare vita a questo meraviglioso strumento è stato chiamato il Maestro Fagiani, residente nella nostra provincia, che nel suo curriculum può vantare prestigiose presenze in tutta Europa e Medio Oriente, Asia ed America. Solo per ricordare alcuni suoi concerti, il noto musicista si è esibito nella Cattedrale di Notre Dame di Parigi, nel Duomo di Berlino, nella Cattedrale di St. Patrick di New York, nella Sala Grande del Conservatorio “Tchaikovsky” a Mosca, nella Royal Albert Hall di Londra, nella Basilica di Santa Maria del Fiore a Firenze, nella Basilica dell’Annunciazione di Nazareth. Numerose anche le collaborazioni con l’Orchestra Sinfonica Verdi di Milano ed è stato diretto dai principali direttori d’orchestra del mondo. Dal 2008 è l’organista del santuario francescano de La Verna, Arezzo.
Al Maestro Fagiani, che ci ha aperto cuore e mente offrendo profondi spunti di riflessione, abbiamo voluto rivolgere alcune domande sull’evento e sulla sua produzione artistica.
Maestro, con quale emozione si appresta ad accarezzare i tasti del “Serassi” di Calcinate?
“Calcinate mi suscita un mix di emozioni, perché in realtà si chiude per certi aspetti un cerchio aperto con il periodo in cui questo disco fu registrato. Fui invitato nel periodo forse più buio che abbiamo conosciuto, ad esibirmi qui, era l’inizio di maggio del 2020 e questo organo era uno strumento di cui avevo sentito parlare ma non avevo mai avuto l’opportunità di provare. Alla fine, si è rivelato perfetto per un progetto discografico che cullavo da molto tempo quindi vedere questo progetto arrivare felicemente al termine è per me motivo di grande orgoglio”.
Anche attraverso la musica si vive la rinascita dopo due anni di isolamento, di restrizioni e, mi permetta, di poco spazio per l’anima. Il contatto con il pubblico poi è un elemento essenziale per entrare in armonia portando le note nei cuori. Quanto è mancato anche a lei questo contatto?
“Per quanto mi riguarda devo ritenermi fortunato perché ho avuto anche durante la pandemia l’opportunità di esibirmi in pubblico, specialmente in luoghi dove le restrizioni venivano applicate in maniera differente. Nel settembre del 2020 sono andato a Taiwan dove sono stato invitato a esibirmi con l’orchestra sinfonica a Kaohsiung (lì c’è l’organo più grande di tutta l’Asia) per quattro concerti; quindi, diciamo che sono stato un po’ più privilegiato. Mi piace qui ricordare un’esperienza inusuale e toccante vissuta nella nostra terra bergamasca. La vigilia di Pasqua del 2020 fui invitato al Santuario di Sombreno per esibirmi su quell’organo. L’idea era di portare il suono e la presenza del Santuario in tutta la zona e ciò fu possibile grazie all’installazione di numerose casse simili a quelle utilizzate per i concerti rock. Portammo il suono dell’organo fino a 7 km di distanza. Fu un momento forte, anche perché si era in lockdown completo e quindi anche il traffico automobilistico era interrotto, permettendo alla musica di arrivare distintamente e senza disturbi. Per me è stato un privilegio essere stato coinvolto in questo progetto e fece bene anche a me che, ve lo confesso, in quel periodo mi sono reso conto di non sapere fare nulla di utile, di pratico, una convinzione che soprattutto nei primi mesi di pandemia è stata molto forte creandomi anche difficoltà a livello psicologico. Quel concerto della vigilia di Pasqua mi ha letteralmente rigenerato, dandomi nuovo entusiasmo ed una forza interiore che mi ha fatto capire che, forse, quello che faccio, ha un suo valore spirituale, tanto profondo che a volte non lo comprendo neppure io…”.
Viaggiare per il mondo mette in contatto con culture diverse, tutte accomunate dal gusto del bello e dell’arte musicale. Suonare davanti alla propria gente però offre sensazioni particolari. Ce le descriva in un aggettivo.
“Condivisione! Perché penso che ognuno di noi abbia delle sue ricchezze interne, ricchezze nella propria professione ed in tutto ciò che fa, in famiglia, nel proprio ambiente lavorativo, nelle amicizie. Abbiamo in questi ultimi anni dato grande dimostrazione che ognuno di noi ha saputo mettere in campo, condividendo con gli altri, tutto quello che aveva da dare. Io purtroppo non ho altro da dare quindi spero venga apprezzato lo spirito con cui condivido l’unica cosa che conosco. Le doti vanno condivise anche se spesso nascono degli egoismi particolari e credo che invece in particolari situazioni sarebbe necessario condividerle con gli altri. Io uso ripetere che se ognuno di noi condividesse in maniera più convinta ciò che amiamo e ciò che sappiamo fare con passione, vivremmo tutti meglio”.
Ci racconti brevemente il programma del concerto di Calcinate. Con quale spirito si dovrà approcciare chi avrà la fortuna ed il piacere di partecipare (ndr: ricordiamo che sarà possibile collegarsi anche sul canale Youtube dell’Oratorio di Calcinate)?
“Lo spirito è quello di una musica quasi operistica, dalla fine del ‘700 ai primi dell’800 ma con uno spirito molto leggero. Non esiste musica difficile all’ascolto, è musica molto immediata ed è musica che, specialmente noi italiani, abbiamo nel DNA e possiamo ascoltare con competenza. Il Serassi di Calcinate è in grado poi di restituirci in maniera autentica questi brani, con caratteristiche (costruttive, coloristiche e la bella batteria di percussioni) difficilmente ripetibili da altre parti”.
Lei è stato durante la sua carriera anche in Russia, terra oggi coinvolta in un evento bellico di portata mondiale. Ritiene che anche la musica potrà contribuire, un giorno speriamo non lontano, ad una pace tra i popoli?
“Sono stato in diverse zone di guerra, sono stato in Siria, sono stati in tanti posti durante le guerre. La situazione con la Russia è qualcosa che noi stiamo vivendo in maniera molto deformata, non per cosa succede, ma per i rapporti tra persone. Io credo che la persona debba essere messa davanti a qualsiasi cosa e non relegata a giochi politici o giochi di potere. Di conseguenza credo che i rapporti interpersonali, che spesso sono stati minati da questa situazione, siano quelli che vanno salvaguardati e quindi anche tutto ciò che di artistico si faceva in collaborazione, insegnamenti, lezioni, scambi culturali è un peccato che venga vissuto in una maniera totalmente deviata. Ripeto, credo che la persona venga davanti a tutto: se abbiamo di fronte un esagitato è un conto, ma le persone sono persone. Non esiste strumento migliore se non il dialogo per comprendere e cercare di eventualmente contraddire opinioni manifestamente sbagliate. Cito, ad esempio, il divieto all’esecuzione di brani russi: è capitato recentemente in un concorso internazionale di violino a Gorizia durante il quale è stata negata la partecipazione ai concorrenti di nazionalità russa. Ritengo questa cosa assurda e vergognosa perché è qualcosa che fa capire come l’astio si può generare anche da gesti scriteriati fatti in nome di un “politically correct” che non esiste”.
Maestro, concludiamo con un suo pensiero personale verso il mondo artistico che lei rappresenta. La musica continuerà ad avere un suo valore da conservare per le generazioni future? Con quale spirito possiamo avvicinarci, nei tempi moderni, a questa arte sublime frutto di mani d’uomo, capace anche di opere belle e non solo di brutture?
“Il valore da conservare ci sarà sempre perché noi viviamo un’epoca nella quale tutto è fatto ad uso e consumo immediato. Spesso, soprattutto nella musica leggera, le canzoni nascono e muoiono nel corso di una stagione e difficilmente sono ripetibili: nascono e vengono utilizzate come si accende un fiammifero ovvero il tempo necessario del bruciare di una fiammella. Mi riferisco qui al fatto che anche la musica comporta una preparazione. Pensiamo allo sport: quanto allenamento, quanti anni di dedizione servono per creare una fisicità, una muscolatura, una tecnica, che possa permettere all’atleta di esprimersi al massimo livello. Ecco, se esistesse anche qui un atleta che fa una prestazione senza alcuna preparazione, ma solo enfatizzando alcune doti naturali, sono sicuro che nel giro di un mese avrebbe i legamenti o il fisico distrutti. Allo stesso modo in musica, ciò che rimane e continuerà a rimanere è ciò che si vede, che è frutto di una dedizione totale, di una vita interamente spesa, perché altrimenti avremmo perso di vista l’unico obiettivo che è quello di migliorarsi. Donne e uomini hanno dedicato intere esistenze al miglioramento di quanto hanno trovato prima di loro, anche sbagliando se necessario, ma con tanto impegno e sono riusciti sia nella musica che nelle altre manifestazioni artistiche a lasciare non quanto può piacere ma ciò che l’espressione rappresenta, talmente elevata che trascende quello per cui è nata”.
Mentre lasciamo il Maestro Fagiani, la cui umanità è pari al suo virtuosismo artistico, ai suoi studi ed impegni, consigliamo vivamente anche ai nostri lettori una visita a Calcinate, borgo con le radici in un passato che si fa risalire addirittura ai Celti (III secolo a.C.) e che si è sempre contraddistinto per laboriosità. La perla dell’organo Serassi, che inorgoglisce i calcinatesi, rappresenta un dono che l’intera Comunità, come detto, protegge e valorizza in ogni occasione. Le valenti capacità di un maestro organista come il Prof. Fagiani sapranno rendere ancora più prezioso l’evento, a questo punto, imperdibile.
Giuseppe De Carli