bg6LUCIANO2di Valerij Lobanovskij
Sarà il nome. Forse è quello.
La cronaca nazionale, in questa estate sonnacchiosa sul fronte calciomercato (perché parlare di Giaccherini al Sunderland, di Ilicic, Dragovic e Nainggolan non accende proprio la fantasia dei tifosi italiani) si segnala la vicenda – fra la spy story e la cronaca nera – di un giocatore di baseball del Farma Crocetta (Parma) che, in realtà, è uno dei maggiori ricercati del Regno Unito.
Marco Cesar Da Silva Freitas detto “Brady”, nato in Portogallo, l’11 aprile 1974 è invece un  trafficante internazionale di cocaina, ricercato dalle forze dell’ordine della Regina e arrestato a Parma in questi giorni.
“Complimenti, mi avete preso” è la laconica dichiarazione del giocatore/trafficante che in un paio di anni con la casacca della squadra ducale aveva messo in mostra buoni colpi.
Schivo, restio a farsi fotografare, il ricercato eccellente in realtà si chiama Eriberto Jimenez Melo, nato in Repubblica Dominicana il 16 gennaio 1978 e dal 2008 era latitante.
Una nuova identità e un nome nuovo, così come un altro Eriberto fece anni fa, cambiando la propria carta d’identità per motivi più innocui.
Eriberto Conceição da Silva nasce a Rio de Janeiro il 21 gennaio 1979. A diciotto anni viene acquistato dal Palmeiras orfano di quel Marco Osio con cui aveva conquistato il campionato Paulista l’anno precedente. Alla corte alviverde resta un paio di anni, in squadra con giocatori del calibro di Roque Júnior (che vincerà anni dopo una Champions League con il Milan), i vari Jenílson Ângelo de Souza detto Júnior e Alex (entrambi nei ricordi dei tifosi del Parma, il primo per le sue ottanta e più partite sulla fascia sinistra del Tardini, il secondo per essere stato una meteora da zero presenze nonostante un curriculum di tutto rispetto) e un certo Scolari in panchina.
Con la squadra paulista, allora satellite parmigiano controllato da quell’onestissimo uomo di Calisto Tanzi, si permette il lusso di vincere una Copa do Brasil e la Copa Mercosur, sfiorando il successo nel Campeonato Brasileiro. Conquista così la maglia verdeoro U20 per i campionati sudamericani del ’99, in una selezione che annoverava tra gli altri Julio Cesar, Ronaldinho, Edu e Matuzalém (sì, proprio Francelino, soprannominato “il Professore”). Il nostro segna anche un gol, aprendo le marcature nel perentorio 0-4 inflitto alla selezione boliviana.
Venticinque presenze e cinque reti: un bottino interessante che mette in luce il giovane talento carioca dall’altro lato dell’Atlantico: per cinque miliardi delle vecchie lire Oreste Cinquini lo strappa alla concorrenza e lo porta sotto le Due Torri alla corte di Mazzone.
Le cronache di quel primo anno lo ricordano come velocissimo ma confusionario e incostante; a tener banco sono le sue avventure extracalcistiche, come quando il ventenne – escluso per infortunio dall’incontro a Roma con la Lazio – dopo una sbronza in una nota discoteca bolognese, prima tampona un’auto senza fermarsi a prestare soccorso e poi imbocca contromano i viali della circonvallazione cittadina, finendo contro un’auto in sosta.
bg6LUCIANODopo due anni a Bologna, un po’ chiuso dai vari Binotto e Fontolan, passa in comproprietà al Chievo in Serie B, esterno destro di una squadra di tutto rispetto: Marcon; Lanna, Moro, D’Angelo; Eriberto, Barone, Corini,  Manfredini; De Cesare, Corradi, Cossato. All. Del Neri.
70 punti, terzo posto e Serie A. Ha inizio il Miracolo Chievo e il nostro la fa da padrone.
Eriberto viene riscattato e con l’italo-ivoriano Christian Manfredini forma la miglior coppia di esterni di quegli anni, le temutissime frecce nere. La prima fenomenale stagione nella massima serie vede i clivensi terminare il campionato sorprendentemente al quinto posto in classifica e qualificarsi per la coppa Uefa.
Ma la pausa estiva ci porta ad un’amara verità.
In procinto di passare alla Lazio Eriberto scappa in Brasile: deve chiudere un capitolo col passato che lo tormenta da anni.
Luciano Siqueira de Oliveira nasce a Rio de Janeiro il 3 dicembre del 1975. A ventidue anni viene acquistato dal Palmeiras orfano di quel Marco Osio con cui aveva conquistato il campionato Paulista l’anno precedente. Alla corte alviverde, e per tutti i successivi sei anni trascorsi nelle file del Palmeiras prima e nel Bologna e nel Chievo poi, Eriberto dentro di sé porta un enorme peso , che non può non rivelare.
La sua identità è infatti fasulla: il suo vero nome è Luciano, non ha 23 anni bensì 27, quattro in più. Non è l’unico giocatore che ruba sulla propria età anagrafica: misteri e dubbi si sono annidiati nelle carte d’identità di una generazione di calciatori (in particolare africani), da Anthony Yeboah ad Abedì Pelè, fino ad arrivare al caso limite di Taribo West che secondo il suo ex presidente ai tempi del Partizan Belgrado sarebbe nato nel 1962 e non nel 1974, ben 12 anni di differenza per uno dei giocatori più istrionici e caricaturali che abbia solcato i campi italiani (e sul quale si potrebbe aprire una parentesi lunga come l’elenco degli allenatori esonerati da Zamparini).
Il dramma. I compagni di squadra che fino ad allora lo prendevano in giro sulla sua età restano basiti. Lo ammette lo stesso Pagliuca, compagno di squadra al Bologna, che spesso scherzava il nostro perché sembrava più vecchio di quanto in realtà fosse.
Povertà, disperazione, riscatto, voglia di garantire un futuro sereno ai propri figli, paura di ricatti, minacce. C’è tutto questo e molto altro dietro alla favola triste di Luciano, che ora non si nasconde, esce allo scoperto e si prepara ad assumersi tutte le sue responsabilità.
Una storia degna di Barbara d’Urso.
Rischia pure il carcere, ma alla fine se la cava con sei mesi di squalifica ed una costosa multa. Il passaggio alla Lazio salta ma Eriberto/Luciano si libera di un macigno sullo stomaco e sconta una squalifica tutto sommato indulgente. È  tempo di rientrare in campo, ricominciare una nuova vita.
La squadra nel frattempo viene eliminata al primo turno di Uefa dalla Stella Rossa di Boško Jankovi? e Dušan Basta, ma la nuova stagione riparte comunque alla grande e Luciano ritorna per le ultime 16 partite di campionato, che il Chievo concluderà con un eccellente settimo posto.
Il campione è tornato. Mezza Europa richiede questa veloce ala carioca, ma alla fine a spuntarla è la Beneamata: al termine della stagione passa in prestito all’Inter di Cúper, l’Inter degli esterni, l’Inter di Kily González, Helveg e Van der Meyde, infine l’Inter di Verdelli e Zaccheroni. Scende in campo cinque volte senza mai timbrare il cartellino e dopo sei mesi ritorna sulle sponde dell’Adige dove resterà per altre 10 stagioni con il numero 10 sulle spalle e il ruolo del trascinatore, vissute quasi sempre da titolare e togliendosi lo sfizio di giocare pure in Champions League e vincere un campionato cadetto.
Certo, con gli anni il passo non è più quello di una volta, il raggio di azione si è ridotto: Luciano (già Eriberto) non è più l’iradiddio che arava la fascia destra del Bentegodi con dribbling e cross ma anche con tanto sacrificio, è diventato mano a mano un onesto mestierante del centrocampo, si sposta più al centro, quantità più che quantità, velocità ridotta e fisico un po’ appesantito ma con comunque 24 presenze nell’ultima stagione di serie A.
Fino all’epilogo, triste e inevitabile, dell’ormai trentasettenne brasiliano, la cui parabola discendente termina alla fine dell’attuale stagione, dove al termine del contratto resta svincolato, con il Chievo che non gli rinnova il contratto, pacca sulla spalla e un “grazie di essere passato” come ricompensa per le centinaia di kilometri percorsi sulla fascetta.
Chiuso da Sestu il brasiliano – che oggi avrebbe potuto avere 33 anni – dice di voler ancora continuare a giocare.