di Marco Bonfanti

Nell’assegnare il nostro consueto figurone ad Andrea Ruggeri, numero otto e capitano del Pontisola, una premessa comunque ci urge. Se tale figurone fosse un oscar e noi fossimo i giudici, bene, a Ruggeri lo daremmo certamente, ma come attore non protagonista.  Nella partita di ieri, vinta dal Lecco sul Pontisola per due a zero, i protagonisti sono stati infatti i giocatori lariani, che nel primo tempo hanno doppiamente infilato la squadra bergamasca e nel secondo hanno ben controllato la partita.

Nel girone B di serie D si è formato un terzetto al comando (Castiglione, Seregno, Lecco) e la promozione è ormai, evidentemente, cosa loro. Le altre compagini, almeno la maggior parte di esse, veleggiano in zone tranquille della classifica ed altro non hanno da chiedere che un finale tranquillo senza scosse e proteso verso un calmo epilogo. Anche il Pontisola, come la settimana scorsa il Seriate, appartiene a questo gruppo di squadre, e allora eccolo che fa la sua onesta partita, con ritmi piuttosto blandi ed una determinazione poco accesa e mirata. Non dico che stiano lì semplicemente per onor di firma, ma la caparbietà di ottenere un risultato pieno o di giocare allo stremo delle forze, non sembra rivestire, per loro, una qualsiasi priorità.  Detto questo, c’è comunque chi, in questa filosofia un po’ immobilista , agisce con più ardore, mettendo in luce doti tecniche apprezzabili e continuità visibile.

Fra questi vi è sicuramente da annoverare il nostro Andrea Ruggeri, che si muove a tutto campo con costanza, senso della posizione propulsione verso l’area avversaria. Andrea si fa trovare quasi sempre nella posizione giusta per ricevere il passaggio, da lì riparte con finte e dribbling liberatori, scivola oltre le linee nemiche e offre invitanti palloni, che meriterebbero un uso più proficuo ed efficace. Poi ha i calzettoni tirati giù, alla moda di tempi maledettamente andati, ma a noi questo Mariolino Corso di oggi, ci riempie di nostalgica tenerezza. Predica Andrea e distribuisce palloni, ma ieri la finalizzazione del suo lavoro non sembrava rientrare nei compiti primari della sua squadra.  Sarà, come apprendo dal giornale, che manca Canalini, che è il miglior realizzatore della squadra, sarà che gli altri si perdono via, sarà che Ferreira Pinto mostra belle doti acrobatiche, ma poca concretezza, fatto sta che il Pontisola, per tutto l’arco della partita, la palla in rete non ce la mette proprio.

Comunque non solo le doti in campo vogliamo sottolineare di Andrea, ma anche il suo attaccamento alla squadra. Infatti, nei suoi anni di sevizio, ha sempre militato nel Pontisola, ed ogni volta con un congruo ed elevato numero di partite disputate. Sicuramente sarà stata questa identificazione con la squadra di Ponte San Pietro che lo ha portato a vestire i gradi di capitano, gradi certamente meritati per quello che si è visto in campo.  Come detto, ora la promozione è ridotta ad una corsa a tre, ed il Lecco è una fra queste. Inutile dire che la nostra compagnia di giro nel salto ci spera e ci crede. Certo per motivazioni calcistiche, perché una categoria in più dà lustro e magari anche miglior calcio. Ma ad essere sinceri non è questa la motivazione principale, perché essa, la motivazione, è più geografica che calcistica.

Adusi a seguire il Lecco nelle sue varia trasferte, ci alletta assai l’idea di ampliare i nostri orizzonti e quindi di poter praticare luoghi e città più lontani di quelli attuali (non per niente io e Beppe già siamo andati a vedere i possibili nostri avversari). Non è che abbiamo niente in contrario a restare nella Bergamasca, ai vari Caravaggio, Seriate, Ponte San Pietro o Mapello, ma il fatto è che dopo anni li conosciamo a memoria e quindi ci manca un po’ il senso della scoperta che ci offrirebbero un Vicenza, un Venezia, un Arezzo o un Novara.  Staremo a vedere, in effetti mercoledì con il Seregno o domenica con il Castiglione si decide un po’ tutto e noi sapremo se ci attende ancora il consueto o l’inedito esotico.

In settimana, parlando con un amico, sottolineavo l’enorme differenza che c’è tra il vedere una partita dal vivo e una il televisione. Lui, l’amico che è pure un esperto, o perlomeno si ritiene tale, mi ha confermato, riferendosi alla diversa visione degli schieramenti in campo.  Io ho negato che fosse per questo, ma ho optato per i sapori e gli odori.

E a proposito di odori, ieri ero lì che vedevo la partita, che non è che fosse il fior fiore del calcio. E allora mi sono perso un po’ via e ho pensato che ancora si sentiva l’odore di un inverno stremato, ma che non voleva passare il testimone alla giovane e fresca primavera.  C’era questo odore nell’aria frizzante. E Andrea Ruggeri impegnato a difendere palla, anche se la sua squadra, almeno quello, stava già in una vaghezza primaverile.