di Marco Bonfanti
Ho visto il Caravaggio a Lecco mercoledì scorso, e la squadra bergamasca ha perso più o meno meritatamente, per due a uno. E io ci sono rimasto un po’ male per gli orobici, ma non perché avevano perso, per un’altra cosa di cui dirò fra poco. Poi domenica sono andato a Verona, dove ne è uscito un pareggio tirato tra Lecco e Virtus. Io però, appena sono tornato a casa, subito mi sono affrettato a vedere il Caravaggio cosa aveva fatto. E visto che di risultato era uscito zero a zero, mi sono messo il cuore in pace. Certo potevo anche provare un certo dispiacere per i bergamaschi che avevano finito a reti inviolate, ma mi gustava che almeno, e sicuramente, non era loro capitato quel che è successo a Lecco. E che mi aveva fatto provare un qual certo disagio.

E allora torniamo a mercoledì e fissiamoci sull’inizio del secondo tempo. Il Caravaggio gioca con caparbietà, alla ricerca di una rete pesante. E sono passati solo pochi minuti e Formenti, ricevuto un preciso assist, fa partire un diretto pulito, di quelli che se li prendi, li senti eccome. Infatti il diretto finisce agevolmente in rete, traversando la porta e insaccandosi nell’angolo opposto a quello da cui il tiro era partito.

Da lì, da quella segnatura, partono dei festeggiamenti da parte del Caravaggio, che dire esagerati è dire ancora poco. Non solo si abbracciano più che festosi, quasi esaltati, i giocatori in campo, ma ad essi si uniscono pure i panchinari, in un tripudio di grida e di abbracci, degni di ben altra impresa. Che so, si abbracciano come se avessero vinto i milioni alla lotteria. Fossero, stremati, arrivati alla cima dell’Everest. Avessero vinto, in società, la maratona di New York. O, vista la provenienza, avessero visto tutti passare nel cielo la Madonna con l’intera Sacra Famiglia al seguito.

Ora io non so perché quelli del Caravaggio abbiano festeggiato così, ogni tanto alla televisione vedo anche altre squadre fare in questo modo, come se fosse una recente moda. Forse, lo fanno o lo hanno fatto, per sfogare la tensione ludica sviluppata fin lì, e che, come tappo di bottiglia su bollicine, finalmente può esplodere. Forse anche, con quel caloroso sottolineare lo stare insieme, per darsi ancora più forza, più coesione e più compattezza. Secondo me però senza tenere conto, e qui sta il più evidente errore, che la stessa aggressiva compattezza la danno pure agli avversari, che vedendo quel massimo tripudio, penseranno a come annullarlo nel più breve tempo possibile. Che a Lecco, quel tempo, è stato addirittura brevissimo. Infatti passano tre minuti e il Lecco segna. Ne passano altri tre e il Lecco replica.

Ecco io in quel momento, quello del sorpasso, mi chiedevo tutta quella grande esaltazione dove era andata a finire. Dicevo che una rondine non fa primavera, e questo lo si doveva sapere. E immaginavo che quelli del Caravaggio ci erano rimasti assai male, perché il biglietto della lotteria era in realtà farlocco, forse non avevano guardato bene i numeri. Così domenica, al ritorno da Verona, ho guardato il risultato dei bergamaschi, e visto che avevano fatto zero a zero, ho tirato il fiato, che non c’era pericolo di festeggiamenti prematuri e sbagliati. Al di là di quello, io comunque la partita con il Lecco l’ho seguita attentamente per cercare un mio figurone.

All’inizio avevo puntato su Longo, giocatore di indubbie capacità, di gran movimento e di costante precisione. Poi giocatore di una certa età, con un’onesta carriera alle spalle, grandemente seminata e coltivata sui campi di serie D. All’inizio mi è sembrato un bel peperino, ma poi, nel corso del tempo, di questo pepe ne ha sparso a piene mani, diventando, alla fine, anche leggermente insopportabile, tra falli procurati e richieste di risarcimenti per presunti falli subiti. Insomma troppo aggressivo per avere un figurone, che tiene sì conto dell’impegno, ma contenuto nel semplice ardore agonistico.

Allora ci sarebbe potuto stare Formenti, l’autore del gol. E’ giovane, di buone speranze e ha fatto quel tiro di calcolata precisione. Però, per quanto mi sia messo d’impegno, dopo il gol l’ho perso di vista, anch’egli perso nella squadra che soccombeva. E poi l’attenzione se l’è interamente catturata Brognoli, a cui avevo già dedicato un figurone e che devo necessariamente riconfermare. Brognoli è due volte che lo vedo ed in entrambi i casi, si è dimostrato il migliore della propria squadra. A Lecco ha servito invitanti palloni ai compagni, ha preso una traversa su di un tiro potente e, sul finire, ha pure tentato il gol che avrebbe riequilibrato la partita, con un tiro sventato da un guardingo e perfetto portiere. Se un appunto si può muovere a Brognoli, ma lo dico semplicemente guardando da fuori, è che si muove elegantemente da solo, che non riesce cioè a stimolare a sufficienza i compagni, affinchè siano più vicini ai suoi ottimi livelli. Ma per queste cose bisognerebbe ben conoscere le dinamiche interne alla squadra, che io non so. E così Brognoli torna a rifigurare. Dentro un Caravaggio a cui consigliamo una maggior moderazione, nel festeggiare un gol, perché poi come va a finire, non si sa mai.