Matteo Bonomi, icona della Gandinese e del calcio bergamasco, ha tirato le somme di questo anno nefasto per il calcio dilettantistico lombardo, fermo ormai da dodici mesi: “Purtroppo fermare tutto era l’unica soluzione. A onore del vero non si sarebbe neanche dovuti ripartire, invece è successo l’opposto, per tante “dinamiche” nelle quali è meglio non addentrarci ulteriormente. Non ci sono mai state le condizioni per giocare in totale serenità, quanto accaduto nei mesi dopo lo ha semplicemente confermato. La speranza ha un solo nome ed è il vaccino. L’auspicio è che la situazione progredisca velocemente e che attorno a settembre si possa tornare in pista. Tutti, ma soprattutto i giovani, hanno bisogno e necessità di tornare a vivere una vita vera. Allenamenti? Sicuramente non sono stato fermo in tutto questo tempo ma, prediligendo gli allenamenti di gruppo, ho sofferto tanto il fatto di dover uscire a correre da solo. Vivendo in città, poi, l’ho fatto ma mi ha pesato parecchio. Per fortuna sono riuscito ad infilarci qualcosa di alternativo come lo sci di fondo e sci alpinismo. Non sono, ovviamente, in forma campionato ma sicuramente non sono rimasto con le mani in mano”. Sulla ripartenza dell’Eccellenza: “La ritengo una follia. Accetto che sia ripartita la Serie D perché parliamo di una realtà davvero vicina al professionismo e che per molti rappresenta un lavoro a tempo pieno, ma il capitolo Eccellenza non sta in piedi. Se il problema principale era davvero la questione delle promozioni in D, si sarebbero potute stilare delle graduatorie di merito basate sullo storico dei tanti club blasonati che militano in Eccellenza, o addirittura procedendo tramite sorteggio. La ripresa rimane a mio giudizio folle, come folle è pensare che si possa assegnare un campionato o una promozione con appena dieci partite giocate. Trovo invece giusto, quantomeno, il fatto che le società abbiano potuto scegliere se riprendere a giocare o meno”. Infine chiusura sulla sua Gandinese, di cui adesso è anche coordinatore del vivaio: “Indubbiamente c’è grande amarezza e delusione per tutti i nostri ragazzi. Allo stesso tempo c’è la consapevolezza che la salute sia la cosa più importante. Fino a quando c’è stata la possibilità di fare allenare i ragazzi lo abbiamo fatto, poi dopo la chiusura della scuola abbiamo deciso di fermarci. Il motivo è molto semplice: a Gandino c’è rispetto nei confronti di tutte le persone e la salute va sempre tutelata. Ora aspettiamo che passi la Pasqua e vedremo se ci sarà la possibilità di ripartire almeno con i più piccoli”.
Michael Di Chiaro