“Un maestro di calcio”, parola di Antonio Percassi. “Insieme ci divertiremo”, la risposta dell’interessato. Questo stesso giorno, sette anni fa, fu il giorno dei giorni. Soltanto che non poteva saperlo nessuno. Gian Piero Gasperini fu ufficializzato quale nuovo allenatore dell’Atalanta e la cosa incredibile, anche a distanza di tempo, è che la prima scelta per la panchina di una squadra fin lì abituata alla salvezza o poco oltre non era mica lui. A portarlo a Bergamo, dovrebbe deliziato tutti con sei qualificazioni alle competizioni Uefa, la metà delle volte la Champions League e per di più consecutive, il gran rifiuto di Rolando Maran, rimasto al Chievo davanti all’insalata mangiata a pranzo dal presidente Luca Campedelli.

La clivensizzazione della Dea pareva comunque netta, a partire dal responsabile dell’area tecnica Giovanni Sartori per chiudere col responsabile del settore giovanile Maurizio Costanzi, che dal 1° luglio sarà sostituito dall’interista in fuga Roberto Samaden, passando per Alberto Paloschi, cividatese richiamato per l’occasione dalle vacanze a Ibiza dopo una pessima mezza stagiona gallese allo Swansea. Il Palo fu una delusione, il mix tra prestiti di ritorno formati nel vivaio (Conti, Caldara, Gagliardini e Kessie), italiani in cui le case madri non avevano creduto (Spinazzola, Petagna) e stranieri di fama (Gomez, Kurtic) invece no. Sarebbe poi venuta l’era di Hateboer, Castagne, Gosens, Palomino, Ilicic, Cristante, Zapata e Muriel fino ai Koopmeiners, Ederson, Hojlund e Lookman del presente.

Una squadra multiforme e proteiforme che il Mago di Grugliasco ha saputo rivoluzionare pur senza rinunciare mai al proprio crede, difesa a tre, mediana a due e poi ci si diverte tra formule tipo il quadrilatero coi due trequartisti dietro una punta sola quando in infermeria ce ne sono troppe. De Roon a protezione della diga e tre cursori, alla Loco Bielsa. Dalla sua, al netto dei 400 milioni di plusvalenze, i numeri sul campo: 168 vittorie su 330 partite, quasi il 51 per cento, 81 pareggi e altrettante sconfitte, tre terzi posti di fila. Sorpresi per il prolungamento fino al 2025 con opzione, a dispetto delle presunte incomprensioni con la neo (com)proprietà americana insediatasi due febbrai or sono? Noi nemmeno un po’.

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