Milan-Atalanta, penultima giornata del girone di ritorno del calendario asimmetrico, è partita assurta, secondo tutti i calciofili della penisola, a big match: in palio un fetta sostanziosa di scudetto se non tutta intra da una parte, e un ultimo lasciapassare per posto in Europa dall’altra. Al termine del girone d’andata tra rossoneri e nerazzurri i punti di distacco erano quattro, diciotto partite dopo sono ventuno. Un’enormità e la conferma dello slancio vincente dei ragazzi di Pioli e del sonoro crollo della Dea. Se potevano nascere dubbi sullo scudetto del Milan, nessuno, ma proprio nessuno, s’immaginava la debacle nerazzurra. Nata, tra le altre nefaste vicissitudini, sotto le Mura Venete con un ruolino di marcia addirittura da retrocessione. Eppure lontano da Bergamo è stato raggiunto il record delle vittorie, 12, una in meno dei rossoneri, così per eguagliarlo basterebbe vincere domenica sera San Siro. Facile a dirsi, più difficile a realizzarsi.
Nella lunga e vincente “era Gasperini”, un simulacro di età dell’oro, l’Atalanta è stata protagonista di grandi imprese sia in Italia che in Europa, e per completare l’opera nella tribolata stagione 2021/22, a parte il successo al Maradona, ecco l’opportunità in casa della capolista. Sono pensieri e auspici. In questa fase finale della stagione, dopo la sconfitta casalinga col Verona, i nerazzurri hanno vinto a Venezia e a La Spezia, sei punti, e pareggiato in casa con Torino e con Salernitana, due punti, risultati preziosi per restare abbarbicata, con i denti, nelle posizioni che regalano l’Europa. Ma la domanda è un’altra: l’Atalanta di questi tempi è in grado di giocare alla pari dei rossoneri? Sembrerebbe di no. Non stiamo a raccontare il poderoso salto di qualità del Milan, ci si chiede come la Dea riuscirà a contrastare l’intensità e l’aggressività degli avversari soprattutto nelle loro linea di sinistra dove imperversano Theo Hernandez ma soprattutto Leao, autentico match winner dei rossoneri. Nelle file atalantine non ci sono giocatori difensivi o laterali che hanno la velocità e la forza dei due e quindi non è improbabile che Gasperini costruisca un aggeggio tattico per cercare di disinnescarlo magari a partire di un atteggiamento meno spregiudicato, vale a dire una difesa più bassa del solito, anche perché i nostri, in questa stagione, hanno subito un corposo numero di imboscate costruite dalle squadre avversarie, basta e avanza quello che è successo domenica scorsa al Picco, tanto per rinfrescare la memoria. Magari vedremo Hateboer, De Roon e forse Scalvini a svolgere quel gravoso compito. In mezzo al campo i duelli più frequenti. Col Verona Pioli ha escogitato un quasi inedito 4-1-4-1 con Kessie davanti alla difesa e Tonali, in pratica, trequartista, la risposta nerazzurra dovrebbe essere irrobustita dalla fondamentale presenza di Koopmeiners in grado di disinnescare, insieme a Freuler, le velleità di Kessie ma soprattutto dell’astro nascente bresciano. Poi si vedrà che affiancherà Muriel: Pasalic, capocannoniere con 13 gol, o Malinovskyi o Zapata. Anche se con il Gasp le sorprese sono all’ordine del giorno.
A dirigere la partita il “meglio” della classe arbitrale: Orsato in campo, ultima partita prima di andare in pensione, Irrati al Var alla faccia di tutte le teorie complottiste. A San Siro settantacinque mila spettatori con un’ irrituale, a dir poco, “invasione” di milanisti nel settore riservato ai tifosi atalantini. Non una tranquilla vigilia.
Giacomo Mayer