Al netto che Gasp tutta la vita, perché ha portato Bergamo dal pane duro al paradiso dell’alta classifica, c’è nello sclero di Cagliari, lo scoop del collega Serina, firma del Corriere, ossia il concitato diverbio tra l’allenatore della Dea e il suo amministratore delegato, Luca Percassi, dopo il ko in casa dei rossoblù, un problema che va avanti da un anno, ossia che Gian Piero, il migliore allenatore in Italia, non è più adatto al progetto Atalanta che da quest’estate è cambiato, non più rivelazione stagionale, ma big del campionato italiano.
In ordine, come ne parlavo con i colleghi Neri e Fornoni domenica notte, la rosa dei nerazzurri, fortissima, è la quinta in Italia, ha due elementi di livello per ogni ruolo, vale intorno ai 400 milioni di euro, secondo gli addetti ai lavori di poco inferiore a quella del Milan, del Napoli e della Juventus, che si attestano sui 450, lontana dall’Inter, ormai campione d’Italia, che è sui 600. Delle cinque sorelle i bergamaschi sono quelli che hanno speso di più in estate per i nuovi acquisti (120 milioni, Scamacca, Touré, Holm, CdK, Adopo, Bakker e Kolasinac), logico che la proprietà si aspetti un rendimento diverso dall’anno passato dove gli orobici avevano chiuso al quinto posto, in Europa League (22 milioni se si arriva in fondo vincendola). La questione del contendere è la Champions, che rende ricchissimi se ci si qualifica, 55 milioni tondi solo per l’avvio e la fase a gironi, obiettivo che il presidente ha più volte fatto capire sia il principale della stagione, comperando il meglio sul mercato estivo, ma anche a gennaio, il centrale Hien dal Verona (10 con Diao Balde).
Ed è a Cagliari che le strade tra i Percassi e Gasperini iniziano a dividersi, da una parte la presidenza, che, giustamente, non è contenta di un sesto posto che varrebbe ancora l’Europa League nonostante i massicci investimenti, dall’altra il mister, che tutti amiamo, un sentimentale che si affida al turn over perché vorrebbe regalare una partita storica nella proibitiva trasferta di Liverpool e un trofeo che a Bergamo manca dall’inizio degli anni Sessanta, la Coppa Italia, qualcosa di incredibile anche se non porta la montagna di euro della Champions, ma solo 7,6 milioni.
Detto che non c’è un buono e non c’è un cattivo, ma che la famiglia Percassi e l’epoca Gasperini sono stati e sono un toccasana e un miracolo che ha portato l’Atalanta a essere una favola calcistica moderna seconda solo al Leicester di Ranieri e che i conti si fanno alla fine, c’è però un problema di base. Ho diversi amici che sono amici di giocatori dell’Atalanta e c’è ormai un periodo a dimostrarlo, Gian Piero è l’uomo perfetto per le plusvalenze, 350 milioni di euro in questi suoi otto anni a Bergamo, un tesoro, raccolto tra baby da svezzare (Kessie, Conti, Caldara, Cristante e Højlund, i più noti) e bolliti da ripigliare (gli immensi Ilicic e Gomez e poi tutti gli altri). Con lui a Zingonia si lavora il triplo che da qualsiasi altra parte. Ma coi giocatori già affermati, ora in squadra, è dura, le straordinarie qualità fisiche e tecniche non necessitano di un guru che li massacri sull’uno contro uno otto ore a seduta, ma più di un complice che li lasci liberi qualche giorno a settimana per fargli dare il meglio la domenica. Va così, lo sanno più o meno tutti gli allenatori dei dilettanti, che comunque giocano affidandosi al dinamismo, insomma copiando Gian Piero pedissequamente, ma che sanno che col fenomeno le regole sono diverse. Il problema, quindi, è solo dei Percassi, o si va lungo la linea battuta con successo in questi anni, il solo obiettivo è vendere i pezzi migliori rivalutati perché risistemati dal mago di Grugliasco, appunto il Gasp, che arrivano a 18 e si rivendono a 80, o si sceglie la via delle spese estive folli per centrare ogni anno la Champions. Ma, in questo caso, serve un altro allenatore.
Matteo Bonfanti
Foto Mor