Cittadino onorario di Bergamo. Nel bel mezzo della fiumana di voci del calciomercato, quando ci si aspetterebbero un paio di innesti da urlo più che le onorificenze, comunque gradite. Le chiavi della città saranno consegnate a Gian Piero Gasperini in un consiglio comunale straordinario in data ancora da destinarsi, ma in pratica il tecnico dell’Atalanta le ha in mano fin dal primo momento. Nessuno, al suo apparire a Zingonia nel giugno di tre anni fa, avrebbe scommesso sull’escalation della squadra fino a raggiungere il posto al sole nei gironi di Champions League. Che significa il superamento delle vecchie abitudini da salvezza-e-vediamo-come-va. Senza contare l’ulteriore sdoganamento sul piano internazionale di una comunità se vogliamo ristretta, magari anche chiusa nel proprio temperamento caratteriale diffidente e freddo in apparenza, da brace che cova sotto la cenere, ma in realtà aperto alle sfide e ai sogni. A immagine e somiglianza dell’uomo in panchina e dei suoi ragazzi.

Calcio, turismo attivo e passivo, voli continentali e trasferte in corriera col dritto, perché il pubblico nerazzurro finita la festa ha il lavoro la mattina dopo e non ci rinuncia, gente sempre nuova che farà scalo in uno dei capisaldi dell’ex Dominio da Terra della Serenissima: il senso di aver cooptato il Gasp in mezzo a noi ha mille volti in cui specchiarsi. Bergamo fa un balzo in avanti che levati, la ninfa pleiade della sfera di cuoio altrettanto, assurgendo a Dea di coppe. Il tributo della politica cittadina di oggi, mercoledì 24 luglio 2019, non deve suonare come il punto d’arrivo di un rapporto coinvolgente, entusiasmante e totalizzante pure sotto il profilo delle emozioni. Un rapporto d’amore del quale non si vorrebbe mai vedere la fine.

Ecco che entra in gioco il discorso dell’asticella, che arrivati a questo segno non può più essere abbassata. Sarebbe un delitto. Le aspettative del tecnico, della squadra e della società sono tutt’uno con quelle dei tifosi. La dimensione da regina delle provinciali appartiene al passato. Serve dunque materiale per rimanere in alto, nell’empireo del pallone conquistato con immaginazione e fatica, con la tecnica e la tattica, con la programmazione e la sintonia dell’ambiente, col progetto di uno stadio in cui in Europa per ora non si può giocare e anche rinunciando alla logica delle plusvalenze pura e semplice.

Via Gianluca Mancini, dentro Ruslan Malinovskyi e Luis Muriel. Fin qui le operazioni tra giugno e luglio. Niente male, visto che i big sono qui e non li smuove anima viva. Non basta, lo sanno anche i muri e le gru del Gewiss Stadium. Serve qualcosa dietro e davanti, più qualche riserva con voce in capitolo su più fronti, perché sperare nei miracoli dei Primavera è un’illusione ad alto tasso di rischio. Sergi Gomez, Luca Pellegrini, Gian Marco Ferrari, Iago Falque, Franco Cervi, la chimera (ma sì, fa il modello per Womo, il brand percassiano della cosmetica maschile) Federico Bernardeschi, Gianluca Caprari… e chi più ne ha più ne metta. Date una mano al mister, è una brava persona. E dopo averci portato in alto, chissà che non si faccia decollare verso chissà quali traguardi. Che questa sia un’occasione unica lo dice lui e lo sappiamo anche noi.

S.F.