Purtroppo i dati parlano chiaro. Milioni di bimbi cominciano a giocare al pallone, molti di questi però abbandonano da adolescenti. La colpa? Delle società che richiedono troppo in serietà e rigore, degli allenatori che attraverso i bimbi ricercano una “carriera” (mi vien da ridere) volendo vincere partite, tornei e campionati. In minima parte anche dei genitori che perdono di vista la parte ludica, che spinge il loro figlio/a a giocare a calcio. Purtroppo se ne accorgeranno quando oramai i danni saranno fatti. Paradossalmente verranno ricordati come bei momenti, proprio quegli stessi che mettevano le basi sbagliate: “Mio figlio giocava sempre quando era pulcino”, “l allenatore lo riteneva il migliore”, “l’allenatore mi piace perché li fa filare e vinciamo perché i bambini non mollano mai”… avrei mille e più frasi di genitori che, fuorviati da percorsi sbagliati del loro figlio nell’attività di base, non insegnano allo stesso di perseverare nel migliorarsi continuamente, sia a livello tecnico-tattico che emotivo, ma soprattutto su come bisogna comportarsi in gruppo. Il bisogno intrinseco di noi umani è stare in gruppo, bisogna saperci stare però. Rispettare le regole, rispettare le figure di riferimento (mister) sapendo accettare le scelte. Per ultimo, ma non ultimo di importanza, il saper rispettare i compagni, che racchiude tante cose. La diversità sia di luogo di nascita che di colore della pelle, la diversità di carattere, fisica, di tenacia, tecnica, emotiva, potrei continuare all’infinito. In uno spogliatoio c’è la vita, il mondo racchiuso in quattro panche che condividi con coetanei. Cosa più bella non c’è, cantava Ramazzotti dedicandolo ad una donna. Ma per i bimbi l’innamoramento è il pallone. Non togliamo loro la possibilità di innamorarsi di un qualcosa che li possa accompagnare per una vita intera. Quelle quattro panche, che siano a San Siro oppure a Bottanuco, poco importa perché ci si siederanno comunque degli Uomini.
Ed uomini ci si diventa essendo educati dalle famiglie, dalla scuola e dallo sport che pratichi. E’ per questo che, quando quest’anno insieme al mio gruppo “meraviglioso” di ragazzi siamo riusciti a rompere il meccanismo di bullismo indiretto (che esisteva già da qualche anno), con vittime diverse ma sempre con la stessa dinamica, mi sono sentito soddisfatto. Le testimonianze dei miei ragazzi che a detta loro finalmente si sentivano finalmente “liberi”, mi ha riempito il cuore. IO, SI’, PROPRIO IO, ero riuscito a donare loro libertà? Favoloso.
Genitori, non scherzate. Il gioco è una cosa seria…
Igor Trocchia