Tre vittorie nelle prime sei, fra cui un paio di scontri diretti (Frosinone, Empoli), e un’aspirante big come la Samp, fin lì incornata solo dal Toro, matata senza patemi. Sesto posto insieme a Roma e Chievo, a quattro lunghezze dalla coppia di testa (Inter e Fiorentina, la prossima avversaria) che sta a quindici. E il rimpianto di non poter essere lassù per i punti lasciati per strada. Alzi la manina chi si aspettava un’Atalanta così in palla e così in alto in questo primo scorcio di campionato. E chi avrebbe mai immaginato che la crisi di rigetto tecnico-tattica della seconda metà della stagione scorsa, nel volgere di qualche mese, si sarebbe trasformata in una reciproca donazione di organi tra un collettivo sull’esangue andante e il medico accorso al suo capezzale.
Eppure per trasformare in oro il carbone sono bastati qualche ritocco al calciomercato, in cui bisogna azzeccarci e saper rischiare da alchimisti provetti (come Giovanni Sartori senza la supervisione di Pierpaolo Marino), e l’adeguamento al nuovo credo di facce conosciute e inedite. C’è chi ci sta rimettendo il posto, vedi Denis costretto in panchina da Pinilla e comunque pronto a subentrare e chiudere i conti, o Cigarini mandato dietro la lavagna dal novello Professore de Roon, il tulipano che recide il gioco altrui. Il veterano Migliaccio accetta il part time da vice di Grassi, un pischello con due attributi così. Niente musi lunghi. Edy Reja deve aver cavato di tasca la pietra filosofale e gli adepti si scaldano al suo sole che sembra non tramontare mai. Tanto meno nello scaltro notturno di Empoli e nel Monday Night Match che al tecnico avrà ricordato i fuochi di Fuorigrotta. Perché quando un Toloi (pagato per difendere) recita la parte del match winner (in Toscana) e Dramé (contro i Baciccia) è sugli scudi, per l’autorete procurata – forse un cross venuto male – e per una visibile rieducazione della fetta preferita in termini di chiusure, appoggi e traversoni (a favore di un Kurtic che avanza a centravanti se il legittimo titolare del ruolo non ne prende mezza), allora il segno del mutamento di rotta assume un senso e contorni precisi. I gregari hanno un’anima e vivono di luce propria, senza bisogno di assorbire quella dell’artiglieria leggera ma martellante di Moralez e Gomez.
La prestazione contro i blucerchiati ha dimostrato la crescita esponenziale di mentalità, maturità, abnegazione, altruismo e solidità. Paletta ha accusato un passaggio a vuoto su Saponara al “Castellani”, ma dietro c’era Sportiello. Che poi abbassa la saracinesca sulle uniche due palle concesse a Eder e Soriano. Toloi non è mai sopra le righe e non lo mette sotto nemmeno il capocannoniere della serie A. Capitan Bellini non è che apra autostrade, e l’altra sera è stato visto andare via in dribbling. Dei duetti e delle combinazioni dalla cintola in su, nemmeno a parlarne. E poi, le nude cifre: sei tiri in porta (tutti pericolosi, vedi Tanque sul flipper dalla bandierina) contro cinque, undici fuori dallo specchio contro tre, possesso palla ribaltato dalla mezzora del primo tempo alla ripresa da 46-54% a 51-49%, sempre conservando vantaggio e supremazia territoriale. La sintesi vivente del momento attuale è chi in settimana deve mettere mano a preparazione e correttivi, a scelte e a rabbuffi nei confronti di chi non svolge il compitino. La Bergamo del pallone e del tifo camouflage che riempie lo stadio e i pullman gratuiti a soffietto ha adottato il suo eroe settantenne. Impossibile, sulla scorta dell’entusiasmo e del confronto con gli stenti appena lasciati alle spalle, non riconoscere che il Vecio di Lucinico nell’affetto dei tifosi ha sostituito uno Stefano Colantuono di cui non ci si sente più orfani. L’anziate lo sa bene che nel calcio (“’n ambiente demmerda”) la riconoscenza dura quanto i risultati felici o i rapporti con le persone giuste. Non un secondo di più. Citofonare a Castori e al Carpi per credere. Allo sloveno-furlan Reja, l’amante del Tocai (pardon, il Friulano, sennò gli ungheresi s’incazzano) e della zampa d’orso, delle biciclettate e delle isolette della Dalmazia, sono comunque serviti mesi interlocutori di duro lavoro per ritemprare assetti, uomini e umori. Da neofita di Zingonia espertissimo, savoir faire e capacità di mediazione per le richieste di mercato non gli hanno fatto difetto. Sul campo, sprinta come i più baby dei suoi baby. Questione di testa e di cuore, di voglia matta di meritarsi una piazza ostica da conquistare. Durerà? Carpe diem, direbbe l’avvocato Stendardo. Nemmeno in panca con la Samp, e solo otto giorni prima tra gli intoccabili.
Simone Fornoni