Sapendo pochissimo di motori, ogni volta che qualcuno mi suona con insistenza penso subito al guasto meccanico. Se sono di buonumore m’immagino che la Pandona Aranciona a Metano abbia solo una gomma bucata, di solito, invece, mi preparo al peggio, ossia che la mia auto stia andando a fuoco e che io debba lanciarmi dal finestrino come succede in gran parte dei film americani, pratica tutt’altro che facile se non sei uno stuntman di un certo livello. Allora respiro e cerco di trovare la forza dentro di me, sia per gettarmi fuori dalla maghina, ma anche per non piangere vedendola travolta dalle fiamme, visto che sono un sentimentalone e alla mia Panda voglio bene quanto a mio figlio Vinicio, il maggiore dei miei due.
Premessa importante, sul rapporto tra me e la mia macchina dovrei farci un libro, spesso l’accarezzo, a volte le parlo, pur che lei in dodici anni insieme non mi ha mai rivolto la benché minima parola. Fa la figa di legno. Sa di essere una Panda bellina forte, se la tira e non mi caga manco di striscio. Problemi miei, che, come tutti, amo, ma non sempre vengo corrisposto.
Così ieri al semaforo di Vercurago. E’ rosso, la persona sulla vettura davanti a me mi strombazza. Sudo freddo. Esco al volo e controllo. Sembra tutto a posto. Mi convinco che il clacson non sia rivolto né a me né alla Panda, ma sia l’estremo tentativo per attirare l’attenzione di un passante molto carino sull’altro lato della strada. Inizio uno dei miei soliti viaggi, lei, che è alla guida di una maghina carinissima e, forse, è ricca, lo vede sul marciapiede, le prende un incredibile desiderio di amarlo, ma non è una donna sentimentale. Quindi si accorda per la prestazione, gli darebbe addirittura cento euri tondi tondi che ha nel portafoglio in comode banconote da venti euro, ma lui non è un gigolò e poi la sua fidanzata aspetta un figlio. Lui si nega allora lei tira fuori una pistola e lo minaccia per portarlo a fare l’amore a Riva Bella.
Ma mi sbaglio, la ricostruzione fa acqua da tutte le parti. Anche perché Vercurago sta sul lago e poi, soprattutto, per quel che accade, ovvero che il passante s’infila in una via laterale e scompare, mentre l’auto continua a suonare. Cerca me, cazzo figa. E’ un poliziotto in borghese? Ha letto il mio ultimo articolo in cui facevo capire che da ragazzo mi fumavo un sacco di canne? Vuole arrestarmi per fatti accaduti trent’anni fa? Non esiste la prescrizione?
Arriva il verde. Accosto io, accosta l’auto davanti a me. Mi aspetto l’arresto. Invece esce una ragazza carinissima, allegra e sorridente, che mi chiama per nome, Matteo, anche se io non ho la minima idea di chi sia. Sto sul vago, chiacchiero a vanvera, mentre lei mi parla delle emozioni che le ha dato il mio libro, Il Vestaglietta. Le è piaciuto da matti. Mi alza l’autostima talmente tanto che potrei baciare sulla bocca persino il benzinaio, che mi guarda male perché non ho addosso la mascherina e ho parcheggiato come sempre alla cazzo, ostruendo il passaggio a qualsiasi abitante di Vercurago che abbia bisogno di fare della Super o del Diesel. Mi dice, la ragazza, non il benzinaro: “Faccio l’igienista dentale, ma ho la passione della scrittura e volevo pubblicare qualcosa, ma poi ho comperato il Vestaglietta all’edicola lì davanti. Ho letto i tuoi racconti e ho pensato che lo farò se mai riuscirò a mettere le parole come fai tu, in quel modo, pulp, che mi tengono incollata. Sei davvero troppo bravo”.
Ammazzate oh. Manco mia mamma, che è di parte perché mi ha fatto, crescendomi con grande impegno ed estrema fatica. Ammazzate oh. Non è la marpiona ma manco una sbirra in borghese. Ammazzate oh. E’ una fan, una fan, cazzo figa, una mia fan, che mi permetterà di fare il gradasso con Ermallo, sostenendo di essere famoso come Mick Jagger, una fan, porca di quella bagascia (non la fan, è l’esaltazione che mi fa dire le parolacce), una fan, puttanazza Eva, una fan, che mi ha riconosciuto dalla maghina, lei, non la fan, ma quella stronza della Pandona Aranciona a Metano.
E sono felice, pronto per una lunga chiacchierata da solo, perché la Panda come sempre fa l’offesina e non mi dice una parola, manco un “dai, ce la farai, non sei così rimbambito, c’è chi ti stima”. E allora penso: che la mia Pandoska sia incazzata nera perché pensavo stesse andando a fuoco?
Matteo Bonfanti
Foto servizio Monica Pagani