Grande colpevole della strage di Stato vissuta nella nostra provincia o perfetto capro espiatorio in un momento dove ognuno di noi sente il bisogno di trovare un responsabile?
Lo scopriremo solo vivendo. Resta, comunque, che al pari del potronista Matteo Renzi e del piazzista Luigi Di Maio, il nostro governatore regionale Attilio Fontana è il simbolo della frattura che si è creata tra i cittadini e gran parte dei loro rappresentanti, politici che paiono sempre e solo interessati alla tutela dei propri privilegi, mai a quella, ben più importante, della collettività. Sbeffeggiato quotidianamente sui social, addirittura minacciato di morte nelle scorse settimane, l’uomo al comando della martoriata Lombardia è arrivato questa mattina a Bergamo per raccontare la sua verità ai magistrati.  
Procura blindata, davanti al palazzo chi protestava proprio sulle tre grandi domande di questi drammatici mesi, i quesiti su cui stanno indagando anche i nostri pubblici ministeri. I temi del contendere sono gli stessi su cui noi giornalisti abbiamo lavorato fin dall’inizio dell’emergenza. Il primo è legato all’ospedale di Alzano, chiuso il 23  febbraio dopo la scoperta dei primi contagiati e riaperto dopo poche ore proprio per volere della Regione. La seconda questione, di certo non meno importante, riguarda la mancata zona rossa nella media Valle Seriana, scelta invece fatta negli stessi giorni a Codogno e che nel Lodigiano ha portato a salvare molte persone. I magistrati stanno cercando di chiarire se la decisione di lasciare aperta l’area bergamasca, tra le più produttive in Europa, possa essere in qualche modo legata alle pressioni fatte dai rappresentanti lombardi di Confindustria ai membri della giunta di Attilio Fontana, governatore che poteva decretare la chiusura così come il nostro governo. Terzo tema in questione l’angosciante capitolo sulle case di riposo, luoghi che hanno fatto registrare un incredibile numero di vittime, si parla addirittura di seimila persone nei mesi di marzo e aprile. Sul tavolo la famosa delibera regionale che invitava gli ospizi a prendersi in carico i malati covid a bassa intensità.
Attilio Fontana, va detto, è stato ascoltato come persona informata sui fatti. Al di là delle responsabilità e della difesa d’ufficio fatta dal leader leghista Matteo Salvini in queste ore su Rainews (“perché in Procura lui e non Conte?”), Attilio Fontana è l’emblema di una sanità lombarda apparsa estremamente fragile proprio nel momento dell’emergenza. Logica, quindi, la protesta nei suoi confronti, lui che prende la bellezza di tredicimila euro al mese per tutelare la nostra salute. A nostro avviso il governatore lombardo paga anche dei grossolani difetti di comunicazione, emblematica la frase rilasciata ai colleghi di Mediaset, “io dormo sonni tranquilli”, mentre qui da noi si contavano i morti e stavamo assistendo all’inizio della nostra miseria. Avremmo avuto bisogno di un governatore in lacrime, insonne, sveglio ogni notte come tutti noi, nel lutto e nell’ansia di non riuscire ad arrivare alla fine del mese. E non torniamo né sulla questione dei dati, quelli dei morti e quelli dei contagi, forniti proprio da Regione Lombardia, che appaiono sempre poco chiari, né sulla gestione dei tamponi, con moltissimi bergamaschi ancora piantonati nelle proprie case ad aspettare esiti che spesso non arrivano o arrivano dopo settimane. Altra vicenda controversa e mai del tutto chiarita è quella della mancata erogazione della cassa integrazione in deroga a milioni di lombardi, col rimpallo delle responsabilità tra la Regione e l’Inps.
Che dire che non sia già stato detto o scritto? Solo che insulti e minacce non servono perché avvelenano un clima già esasperato. Per cambiare una classe dirigente, che, vista da qui, non pare all’altezza della drammatica situazione che si è venuta a creare, c’è una sola via, il voto.

Matteo Bonfanti

La contestazione dei manifestanti nel video realizzato dai colleghi di www.bergamonews.it

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