Ha riportato in serie A, nella elite della palla a spicchi, piazze storiche e blasonate come Biella, Pesaro, Bologna e Verona. Ora, a sessantuno compiuti, il livornese Alessandro Ramagli ha sposato una missione. “Col presidente Stefano Mascio non è stata neanche una trattativa, più una chiacchierata per metterci d’accordo. Il mio obiettivo primario è trasformare in una squadra eccellente un gruppo di lavoro eccellente ereditato da Andrea Zanchi, che saluto affettuosamente. Lui e io sappiamo che questi avvicendamenti fanno parte del basket, dello sport e del nostro mestiere. La Blu Basket deve conquistare Bergamo pur giocando in casa prevalentemente a Monza: le chiamano sfide. La mia comincia con Cremona del mio fratellino Luca Banchi, mio assistente per sei anni. Abbiamo lo stesso record di 4-5, ma noi giochiamo soprattutto contro noi stessi e i nostri limiti”.
“La mancanza del fattore campo è una bella sfida. Perché una questione in apparenza solo logistica nasconde la voglia di conquistare un territorio nonostante la distanza dell’affettività. Ti lamenti e crolli, o combatti per conquistarti l’affetto presentando bene il prodotto”, il concetto rimarcato dall’espertissimo capo allenatore nominato alla quarta sconfitta sulle cinque totali della Gruppo Mascio Bergamo nelle ultime cinque giornate di campionato. Il legame da annodare col territorio dopo il trasferimento da Orzinuovi è un principio che emerge anche dalla giustificazione della scelta da parte del vertice societario: “Ho messo Bergamo sulle maglie, non Monza. Nessuno si sarebbe aspettato il nostro arrivo in corsa, quando ovviamente il palinsesto della ChorusLife Arena, dove comunque la città e il pubblico hanno risposto alla grande alle due serate di fila con l’Urania Milano e la Vuelle Pesaro dalla domenica al mercoledì, era già quasi del tutto pieno – rimarca il presidente Mascio -. Sono scelte difficili, dettate dalle aspettative di crescita di un gruppo frenate dalla difficoltà. Con gli investimenti fatti lottare per evitare la retrocessione sarebbe un po’ dura. Non indico obiettivi, ma la categoria è complicata: non ci sono vie di mezzo tra le due salvezze dirette, lottare per salire o per non scendere. Non tutti l’hanno capito, ma ho portato la pallacanestro di alto livello a Bergamo e non mi resta che lavorare a testa bassa come so fare. In un progetto non si può stare da soli. Passo passo va costruita la nostra casa, sapendo in ogni caso che a portare consenso sono i risultati. Non dipende solo da me, è tutta la società a doversi conquistarsi la piazza oltre la piazza. Ma Monza è a soli venti minuti di autostrada”.
E gli individualismi che dopo la vittoriosa rimonta con Cento, l’ultima delle quattro prima di perdere due volte nella settimana in trasferta tra Avellino e Ruvo di Puglia, che Mascio diceva di guardare con sospetto? “Sono stato frainteso. Avevo detto, e il mio pensiero non cambia, che per fortuna con Cento ci avevano fatto vincere e meno male, chiedendomi d’altro canto fino a quando saremmo potuti durare basandoci su quelli”. Una posizione in cui si riflette la posizione del nuovo manico, perché si sposa col suo motto “da gruppo di lavoro a squadra”: “C’è bisogno di far diventare la miglior squadra possibile quello che mi è stato consegnato come un eccellente gruppo di lavoro. Questo comporta omogeneizzare le caratteristiche dei giocatori: chi ha le qualità per mettersi in proprio deve e può farlo nei momenti chiave, perché le varie individualità vanno assecondate nell’interesse del collettivo. Le individualità non devono sfociare negli individualismi, ma del resto non si costruisce una squadra concedendo lo stesso spazio e le stesse possibilità a tutti in parti uguali. Chi fa canestro meglio degli altri deve essere messo in condizione di prendersi i tiri quando serve”, la precisazione di Ramagli.
L’occasione da Pernice Comunicazione, che è anche sponsor della Blu Basket Bergamo, è propizia anche per la presentazione di Gabriele Casalvieri, già direttore generale prima del cambio della guardia che ha visto uscire anche Fabrizio Frates e da oggi ufficialmente nelle vesti di suo erede nella carica di direttore sportivo. “Col presidente è stata una chiamata fulminea ma accettata con grande entusiasmo. Ci siamo incrociati nei miei nove anni mantovani, eravamo stati vicini in passato senza che poi se ne fosse fatto nulla. Il progetto è allo stesso tempo entusiasmante ma complicato, però come ho dimostrato a Mantova a me piace radicarmi in un posto e in un progetto. La forza trainante sono le energie anche economiche che il presidente Mascio, uno che trasmette il suo carisma e la sua voglia di fare, spende per far abbracciare la città e la squadra. Questo cambiamento mi consente finalmente di lavorare con Ramagli, che volevo portare già a Mantova quando era sempre molto richiesto. L’obiettivo a medio termine è portare la gente e l’entusiasmo al palazzetto: va ricercato un confronto continuo con la piazza attraverso uno staff apposito che possa lavorare in questo senso”.
La ricetta dell’head coach nuovo di zecca, “ho già fatto tre allenamenti a Carugate, al PalaBorgo si torna tutti i giovedì a partire dal prossimo”, non sono così semplici da spiegare, a meno che ai fornelli non ci si metta lui. “I ragazzi li ho trovati serenamente preoccupati. Una battuta, un paradosso che racconta la verità. Gente che non stava bene a non giocar bene esprimendo meno del potenziale, e che mi ha detto di non essere riuscita a offrire. Mi hanno chiesto quali portate avevo da offrire e cerco di cucinargliele al meglio. Quando si punta il dito alla ricerca del colpevole, dicono i cinesi, ne rimangono tre puntate verso chi lo punta. Più di tutto ho apprezzato la disponibilità di chi è venuto a chiedermi di aiutarlo a rendere come sin sente di poter rendere e finora non ha fatto”.
Sì, ma il menù, in concreto? “L’aspetto extra cestistico si chiama consistenza. È fondamentale avere solidità per una media di rendimento che ti renda sempre competitivo. L’aspetto di campo connesso è la fase difensiva. Sono le due grandi aree di intervento in cui compiere passi in avanti: dal carattere alla pratica di gioco”, spiega Chef Ramagli. Uno che non ha problemi a giustificare la risposta positiva alla chiamata alle armi in una piazza d’armi non proprio sgombra per gli sport che non si chiamino calcio. “Quando si abbraccia un programma sportivo ambizioso non conta solo l’aspetto economico. Qui si tratta di una società con una visione rivolta al futuro, che cerca di collocarsi in un territorio e vuole insediarsi a certe livelli: ricorda realtà in cui ho lavorato come Biella, con strutture da far crescere e risorse da sviluppare. Una realtà che mi piace, non sono uno da mordi e fuggi – la chiosa dell’allenatore -. Al pubblico, per conquistarselo, va offerto un prodotto appetibile, poi lo sport ha il vincolo del risultato. Per costruire il futuro vanno messe le mani anche nelle incertezze. La giusta umiltà è il primo step. Il livello top dell’A2 non è quello degli ultimi due anni, non c’è una squadra simile a Trapani o al Cantù dell’anno scorso. Vedo meglio Verona e Brindisi, ma ci sono stante squadre allo stesso livello. Una situazione che richiede la trasformazione del gruppo di lavoro in squadra per trovare una striscia vincente che consenta un riposizionamento. 38 giornate di regular season richiedono adattamento”.
Simone Fornoni


giovedì 6 Novembre 2025




