E’ stato bello finché è durato. Si potrebbe riassumere con questo aforisma la prima parte di stagione che ha visto protagonista il Villongo Calcio, capolista nel girone C di Promozione prima dello stop imposto dall’emergenza Coronavirus. E ora che il pallone ha smesso di rotolare da oltre un mese, il DS Paolo Plebani ha fatto il punto di una situazione che, scavallata la Pasqua, appare ancora indecifrabile. Sull’impatto di Covid-19 solo un’amara constatazione: “Rispondere ora a questa domanda mi permette di ragionare soltanto con il senno di poi, però posso dire che il fenomeno è stato ampiamente sottovalutato e questo ha portato all’allungamento delle tempistiche di ripresa e soprattutto alla mortalità elevata riscontrata nella nostra provincia. La gestione dell’emergenza nel calcio? Per quanto riguarda la federazione dilettantistica direi che i tempi di reazione sono stati migliori rispetto a quella professionistica, dove gli interessi economici superiori hanno spinto a temporeggiare prima di gettare la spugna. Non invidio chi si trova ai vertici di questi organismi perché le responsabilità sono enormi e sulle loro spalle grava il futuro di un’intera nazione. Allo stesso tempo, però, se possiedi tali cariche devi dimostrare di avere le capacità per affrontare ogni tipo di situazione”.

Anche per Plebani la stagione 2019-2020 è già agli archivi: “L’annata sportiva in corso credo si possa considerare finita già da febbraio e ai miei ragazzi lo avevo anticipato già dal momento della prima sospensione. Le priorità sono altre e mi aspetto che una comunicazione ufficiale arrivi in tempi brevi per capire come organizzare la prossima visto che in questo periodo, di solito, si lavora già al futuro”.

Restando ovviamente ancorati alle questioni pallonare, c’è però un pizzico di rammarico per quanto bene la formazione tricolore stava inscenando sul terreno di gioco: “Il Villongo Calcio è andato oltre ogni più rosea aspettativa: il settore giovanile ha portato avanti il lavoro degli ultimi anni, facendo crescere i ragazzi in vista di un futuro approdo in prima squadra e già alcuni 2003 e un paio di 2004 sono sotto la lente di ingrandimento del sottoscritto. La Prima Squadra occupa il primo posto in classifica e dopo il girone d’andata siamo il club che, nel nostro girone, ha impiegato più giovani in assoluto. Un risultato gratificante, nonché fotografia di quanto si lavori bene in questa società”.

Sui giovani emergenti: “Fare un nome è sempre difficile perché si rischia di penalizzare qualcuno. Ritengo però che il giocatore in età di regola che ha fatto il salto di qualità sia Matteo Pinessi, centrocampista classe 2000, già da quattro anni in prima squadra. Oltre ad aver dimostrato di essere pronto ad affrontare campionati di categoria superiore, si è sempre distinto per attaccamento, impegno, dedizione e serietà, tutte caratteristiche non facili da trovare al giorno d’oggi. Mi ricorda i giovani di una volta, quelli che mangiavano “pane e calcio”.

Non può mancare un encomio anche per il timoniere Giovanni Rubagotti: “Sul mister potrei scrivere un libro. È stato mio allenatore quando ero giocatore e abbiamo lavorato insieme per tante stagioni anche se in precedenza ricopriva il ruolo di preparatore atletico. Le sue principali qualità sono l’umiltà e la capacità di lettura delle situazioni sia di gioco che di spogliatoio, caratteristiche che reputo fondamentali per poter far bene a questi livelli. È una persona che ha la capacità di essere seria quando serve, sa stemperare in altri momenti e penso che quest’anno fosse nelle condizioni di lavorare al meglio perché affiancato da un vice come Maurizio Dondoni, che conosce come le sue tasche, e di avere come riferimento dirigenziale Serafino Gasparetti, suo amico da tanti anni e persona molto competente”.

In chiusura un abbraccio virtuale rivolto alla città di Bergamo, devastata da questa tragedia: “La città di Bergamo e la sua provincia, e ci metterei anche Brescia visto che vivo sul confine, ha dimostrato di essere abitata da persone con una dignità e un senso del dovere fuori dal comune. Il mio augurio è che alla fine di tutto questo ci si guardi allo specchio e ci si renda conto di quanto siamo stati capaci di superare le difficoltà senza alcun aiuto da parte di chi avrebbe dovuto sostenerci concretamente e non a parole. Le cadute, anche quelle più fragorose, servono a farti capire quanto sia bello rialzarsi e Bergamo si rialzerà”. 

Michael Di Chiaro