Nel gergo calcistico si è soliti assegnare i gradi di “bandiera” a quei calciatori che hanno dedicato un’intera carriera (o comunque gran parte di essa) nei confronti di un’unica maglia. Tra chi lo fa completando la trafila che conduce dal settore giovanile alla Prima Squadra, passando a chi, dopo precedenti esperienze, decide di legarsi in maniera definitiva ad una piazza. Di sicuro c’è che nel calcio di oggi queste figure siano sempre più merce rara. Eccezioni che confermano la regola. Nel cuore della Bassa, più precisamente in quel di Pagazzano, la trasposizione calcistica di questo concetto ha un nome e un cognome: Alessio Del Carro. Da quelle parti, non a caso, il capitano classe 1992 è una sorta d’istituzione. Prima dello stop imposto dall’emergenza Coronavirus, infatti, Del Carro ha toccato quota duecentocinquanta presenze con il club che nove anni fa lo lanciò nel panorama dilettantistico del pallone orobico: “Ho iniziato alla Colognese all’età di undici anni. – spiega il centrocampista – A Cologno ho fatto tutta la trafila del settore giovanile sino alla categoria Juniores. Poi, al momento del salto in Prima Squadra, è arrivata la chiamata della Pagazzanese che da quel momento rimarrà l’unica maglia vestita in carriera. Quella in corso è la mia nona stagione a Pagazzano e il traguardo delle duecentocinquanta presenze ufficiali rappresenta un motivo di grande orgoglio”. Si potrebbe definire un giuramento a vita quello che Del Carro ha fatto alla causa pagazzanese. Un’avventura lunga quasi un decennio, scandita da vittorie, cadute e da pronte risalite: “Se dovessi individuare i tre momenti chiave di questo percorso, metterei al primo posto il mio esordio in Prima Squadra, avvenuto nella stagione 2011-2012. Con vent’anni ancora da compiere, la Pagazzanese mi diede la possibilità di debuttare in una categoria di prestigio come la Promozione. Fu subito un bel banco di prova, ma rimane uno dei ricordi più belli. Il secondo momento chiave arriva esattamente un anno più tardi nella finale Playout contro il Curno. Una delle partite più sentite dove l’emozione ha quasi preso il sopravvento, soprattutto per un ragazzo così giovane chiamato a scendere in campo al cospetto di giocatori di grande esperienza. Fu una partita molto delicata che mi fece crescere molto, soprattutto in termini di personalità. Il terzo ricordo, invece, è legato ad un aneddoto negativo, sportivamente parlando: cinque anni fa siamo retrocessi in Prima Categoria e la delusione è stata enorme. Proprio in quel momento, però, ho capito che dovevo rimanere a Pagazzano per riscattarmi e soprattutto per sdebitarmi con una piazza che mi aveva dato tutto anche nei momenti più difficili”.

L’augurio per il futuro è quello di rivedere la Pagazzanese sempre ai massimi livelli: “Parlare di obiettivi sportivi in questo momento così tragico mi riesce un po’ difficile, però mi piacerebbe tanto riportare la squadra in Promozione un domani. Sarebbe la proverbiale ciliegina sulla torta. Mi accontenterei comunque di stazionare con più costanza nei quartieri alti della classifica, abitudine che ultimamente abbiamo perso, navigando troppo spesso nella fascia medio-bassa della graduatoria”.

Tra uno sguardo al passato e uno ai propositi futuri, la stretta attualità riporta su un presente mai stato così denso di incognite: “Sto trascorrendo la quarantena a casa. L’ azienda per cui lavoro è ferma da oltre un mese, di conseguenza trascorro le mie giornate interamente in casa. Gli allenamenti? Ho la fortuna di avere un giardino abbastanza ampio che mi permette di fare esercizi con una certa costanza. Mi concentro soprattutto sul potenziamento muscolare, mentre per la corsa utilizzo il tapis roulant”.

Sulla gestione dell’emergenza in ambito sportivo e non, Del Carro si allinea al pensiero generale: “Bisognava chiudere tutto e subito. Ora stiamo pagando le conseguenze e probabilmente le avremmo pagate in ogni caso, ma sarebbe servito muoversi con maggiore tempismo. La verità è che la minaccia è stata ampiamente sottovalutata. La situazione nel calcio? Temo che la stagione attuale si debba considerare conclusa. Se c’è indecisione tra i professionisti, provate a immaginare tra i dilettanti… E’ brutto da dire e c’è grande dispiacere, ma possiamo fare poco. Anche se tornassimo in campo tra un mese o due non ci sarebbero né le condizioni né la serenità per vivere al massimo la bellezza di questo sport. C’è in ballo la salute di tutti. Se mai si dovesse riprendere, il rischio è quello di falsare ben due stagioni: quella in corso, perché dopo quasi due mesi di stop i valori verrebbero completamente sfalsati e, se si finisse a giocare ad estate inoltrata, si andrebbe per forza di cose a influire anche sull’annata successiva”.

Su quanto fatto dalla Pagazzanese nella prima parte di stagione, emerge tutta la lucidità del capitano: “Siamo partiti abbastanza bene convincendo sia in termini di gioco che di risultati, poi abbiamo pagato un calo piuttosto evidente, tanto che l’ultima nostra vittoria risale ad ottobre. Sicuramente ci sono stati dei demeriti e degli errori da parte nostra, ma anche la sfortuna ha giocato un ruolo piuttosto centrale: in molte occasioni è mancato il risultato nonostante le prestazioni fossero molto buone. Per un paio di mesi abbiamo vissuto quelle classiche situazioni in cui non girava proprio nulla. Nell’ultimo mese di gare ufficiali, invece, sembravamo aver ritrovato la quadra e le certezze smarrite lungo il percorso. Sono tutt’ora convinto che avremmo potuto fare bene e giocarci le nostre carte fino alla fine per tirarci fuori alla grande da una situazione difficile. Poi è successo quello che tutti sappiamo e ogni discorso perde totalmente di senso. Tra i giovani che fanno parte della nostra rosa ho apprezzato tantissimo la crescita di Franck Allevi (classe 1999), terzino proveniente dal Calvenzano, che ha già dimostrato di aver tutte le carte in regola per essere protagonista in questa categoria”.

La chiosa finale è un duplice pensiero rivolto a chi sta lottando e a chi, purtroppo, non c’è più: “Penso che Bergamo stia dimostrando la propria grandezza nonostante la disgrazia che si è abbattuta su di noi. I bergamaschi confermano ogni volta di avere grande carattere e grande forza e quando sento i telegiornali che ci fanno i complimenti, provo grandissimo orgoglio. I bergamaschi sono questi e i nostri valori non ce li porterà via mai nessuno. In chiusura voglio dedicare un pensiero ad Andrea Zanoli, storico collaboratore della Pagazzanese che è venuto a mancare poco fa. Andrea era un simbolo di questa società, in passato come giocatore e vicepresidente, prima di entrare nel direttivo del club. Era una persona eccezionale, ricordo di non averlo mai visto arrabbiato e con la sua tranquillità migliorava l’umore di tutti. Il primo ad arrivare al campo e l’ultimo ad andarsene, letteralmente innamorato della sua Pagazzanese. Quando io sono arrivato qui lui era già un simbolo di questa squadra. Mi mancherà tantissimo”. Parole da vero capitano che arrivano dal profondo del cuore. Un cuore a due colori che non avrà mai tinte più forti del bianco e del rosso.

Michael Di Chiaro