I due ragazzi che si amano stanno sul divano e non ci sono per nessuno. Hanno ancora tutto il tempo, così stanno accanto senza fretta, in silenzio, perché non hanno bisogno di nulla, né delle parole ma neppure di una musica in sottofondo, magari pescata tra le mille e passa canzoni che su Radio Italia raccontano di loro. Oggi è sabato, domani non c’è la scuola, non hanno da studiare e non gli importa manco di bere o di mangiare, li guardo dal balcone e sembra che vivano per sfiorarsi le labbra accarezzandosi i sogni e i capelli.
Sono stato anche io così, lì, in quella vicenda bella, profonda e leggera che pensiamo tutti sia infinita, ma invece è un secondo, un attimo dopo il giorno si restringe all’improvviso e non è che l’amore scompaia, continua a essere la sola cosa che ci fa ridere, piangere, incazzare, bere vino e far casino, solo diventa piccola piccola, uno spazietto, un angolino da ritagliarsi tra il lavoro, la casa, gli impegni, gli amici e lo sport.
Avrei voluto anche avvisarli, dirgli “godetevela finché potete”, ma poi ho pensato anche no, che mi sentivo un vecchio bacucco, pronto per essere accompagnato in carrozzina al cantiere più vicino da un’aggressiva e incazzosissima badante russa di quelle che si trovano di tanto in tanto al Parco Suardi.
Così gli ho solo chiesto una foto e il permesso di metterci le mie parole sopra. Ed erano felici, Vinicio, mio figlio, Caterina, la sua fidanzata, che senza mettersi in posa sono la migliore immagine dell’amore.
Matteo Bonfanti