Il 5 maggio, di morattiana memoria, ma di ispirazione manzoniana, guadagna oggi la maggiore età. Scocca il diciottesimo anno per una delle più incredibili date del calcio italiano. Per gli interisti un incubo mai veramente archiviato; per le altre frange del tifo, specialmente quello juventino, l’apice del godimento, tanto più se rapportato al destino non dissimile vissuto dai bianconeri soltanto due anni prima, nel pantano del “Renato Curi” di Perugia. Nel 2000, la Juve di Carlo Ancelotti perse lo Scudetto all’ultima curva, in una gara mai finita contro gli umbri, condizionata dal nubifragio e dalla scelta dell’arbitro Collina di aspettare, e aspettare ancora, pur di non rinviare la partita e pur di non condizionare un verdetto che fa giocoforza della concomitanza delle gare la condizione necessaria. Mentre Collina chiese alla “Vecchia Signora” di attendere, confidando nel miglioramento delle condizioni meteo, la Lazio del presidente Cragnotti sbrigava la pratica Reggina, sotto il solleone garantito dall’Olimpico di Roma, giocandosi al meglio le proprie carte. Poi al “Renato Curi” ripresero le ostilità, Calori si reinventò goleador di razza, grazie a un rasoterra chirurgico che condannò i bianconeri alla più cocente delle delusioni: sorpasso avvenuto, Lazio Campione d’Italia e Juve seconda. Due anni dopo, all’ultima curva ci sono in un appassionante testa-a-testa l’Inter di Hector Cuper, corazzata allestita per tornare nell’Olimpo del calcio italiano ed europeo e la Juventus, questa volta guidata in panchina da Marcello Lippi, certezza granitica per il club della Mole, destinato a guidare con successo la spedizione azzurra ai Mondiali di Germania 2006. Sono gli anni più munifici per il calcio del Belpaese, tanto che da qui a breve si assisterà a una finale di Champions League tutta italiana, in quel di Manchester, e le squadre non vanno per il sottile, quanto a disponibilità e ambizione. La Juve presenta in rosa fiori di campioni, quali Buffon e Thuram, entrambi arrivati da Parma, mentre Pavel Nedved giunge dalla sponda laziale della Capitale per legarsi a vita alla “Vecchia Signora”: il tornante ceco è oggi il vicepresidente del club più titolato d’Italia. Ma il biglietto da visita più sontuoso è rappresentato da una delle coppie-gol più formidabili della storia bianconera. A fronte delle partenze di Inzaghi e Zidane, approdati rispettivamente al Milan e al Real Madrid, si assiste all’avvento in pianta stabile di David Trezeguet, giustiziere dell’Italia negli Europei del 2000, al fianco della “bandiera” Alex Del Piero. L’Inter, che ha impoverito ulteriormente la Fiorentina ingaggiando il portiere Toldo e ha puntellato il centrocampo con Cristiano Zanetti, campione l’anno precedente con la Roma, punta tutto sulle reti di “Bobo” Vieri e sul ritorno in grande stile del “Fenomeno” Ronaldo, alle prese con gravi infortuni eppur votato a restare il non plus ultra, in termini di gol e talento. Il campione brasiliano da lì a poco farà man bassa del Mondiale nippo-coreano. I nerazzurri sono lanciatissimi, le polemiche legate ai veleni della stagione 1997-’98 appaiono un lontano ricordo, ma la sconfitta patita al “Meazza”, al quartultimo turno, per mano dell’Atalanta riapre improvvisamente i giochi. Il terzultimo turno è se possibile ancora peggio, con il pari comminato al “Bentegodi” dal Chievo nei minuti finali e il concomitante successo juventino sul campo del Piacenza, nella sfida che mette di fronte i due re della classifica-marcatori di quella stagione: Dario Hubner e David Trezeguet. Con un penultimo turno che non muta gli scenari, si arriva al 5 maggio con tre squadre in soli due punti: comanda l’Inter a 69, Juve a 68 e Roma a 67. Va da sé che, nonostante il calo, i favori del pronostico siano tutti per la capolista, impegnata all’Olimpico – ancora una volta il crocevia dello Scudetto – contro la Lazio, chiamata, almeno dal proprio pubblico, a non dannarsi più di tanto, dato che da spettatrice più che interessata c’è anche la Roma. L’intero stadio capitolino reclama a gran voce il successo nerazzurro – celeberrimo il due aste di un tifoso laziale con impresso la scritta “2 fisso” – ma il campo finisce per raccontare ben altro. L’avvio degli uomini da Cuper è da sogno, con Vieri a segno dopo pochi minuti e Gigi Di Biagio lesto a rispondere per le rime al momentaneo pareggio del ceco Poborski. Ma con l’episodio del 2-2, a pochi istanti dal doppio fischio dell’intervallo, ecco lo spartiacque della gara e di una intera annata. Lo slovacco Gresko, nei panni dello sbadato principiante, sbaglia e favorisce Poborski, che segna ancora, trasformando la ripresa in un autentico incubo, per i nerazzurri, ormai nel pallone più totale. Prima la legge dell’ex, Diego Pablo Simeone, che segna e chiede scusa; poi Simone Inzaghi, oggi stimato tecnico dei biancocelesti, per il 4-2 definitivo. Il tutto, mentre a Udine Trezeguet e Del Piero maramaldeggiano e la Roma espugna il campo del Torino. La Juve ha compiuto il sorpasso, festeggiando uno dei titoli più rocamboleschi della storia del calcio mondiale, mentre l’Inter chiude addirittura terza, tra le lacrime del “Fenomeno” e la rabbia compulsiva di Materazzi, che troverà comunque spazio per la sua rivincita, risaltando da protagonista indiscusso nella finale mondiale di Germania 2006. Il 5 maggio di manzoniana ispirazione è cosa fatta. La “spoglia immemore” diventa nella narrazione pallonara quella nerazzurra, mentre i paragoni tra il “Massimo Fattor” e il presidente di allora, Massimo Moratti, si sprecano. Buon (?) Compleanno, 5 maggio.
Nik