Forma o sostanza?
Eterno dilemma? Forse no…
Sono cresciuta con la convinzione secondo cui la forma, l’esteriorità e l’apparenza fossero un nulla rispetto alla sostanza delle cose, alla loro essenza, alla loro intima natura.
Beh continuo a pensarla un po’ così e – per fare un esempio probabilmente banale – non riesco ad apprezzare pienamente le fattezze delicate e ben proporzionate di un volto o di un corpo se non sono accompagnate da modi educati, simpatia, intelligenza e, magari, pure da una discreta cultura.
Però credo non si debba cadere nell’errore di considerare la forma come l’inutile retaggio di una cultura conformista e consumistica che vuole addomesticarci rendendoci tutti “belli” e diabolicamente uguali.
Proviamo, quindi, ad andare oltre certe “ovvietà” e alziamo l’asticella della questione sforzandoci di filosofeggiare un po’ sull’argomento.
Come si potrebbe, invero, arginare la mediazione estetica dell’apparenza nei rapporti sociali? A che pro poi?
Viviamo immersi nella società, siamo esseri “sociali” e – che ci piaccia o meno – non possiamo prescindere da essa e dalle persone che la costituiscono e nemmeno possiamo, quindi, considerare irrilevante l’immagine che diamo al prossimo o che il prossimo si fa di noi.
Piuttosto potremmo cercare di comprendere come “utilizzare” più onestamente l’apparenza per tentare di capire l’essenza di chi abbiamo di fronte, se realmente possibile.
Che poi quando diciamo che ciò che conta è la nostra interiorità, stiamo semplicemente dicendo che per noi ciò che rileva è l’idea che abbiamo di noi stessi. Stiamo dicendo che la nostra idea è per forza “migliore “ di quella degli altri.
Vi è mai capitato di sentire qualcuno dire: “Quello stronzo non mi considera perché non sono belloccia, ma non si rende conto di cosa si perde perché sono intelligente, simpatica e una brava persona”?
Ma chi lo dice? A parte il fatto che sarebbe utile prima capire il reale significato dei predetti aggettivi, ma ben può essere che chi abbiamo di fronte non sia interessato a noi non tanto perché non rispecchiamo i canoni estetici attuali, bensì proprio perché ci trova antipatici e spocchiosi!
In pratica, riteniamo di poter sconfiggere una presunzione con l’ausilio di un’altra presunzione, pure unita ad un pizzico di arroganza.
Esiste un “io” ontologico che dovremmo imparare a conoscere e che vorremmo fosse il reale oggetto di interesse del prossimo?
Forse sì: di certo un “io” un po’ particolare, che tende a variare naturalmente nel tempo e nello spazio, difficile da declinare pienamente, ma è possibile – seppur incerto – che esista; però l’immagine conta anche solo perché siamo necessariamente sottoposti alla perenne valutazione altrui negli ambienti scolastici, nel lavoro, nelle amicizie e via discorrendo.
Qualcuno, poi, cerca di aggirare il sistema assumendo atteggiamenti “alternativi”.
Ad esempio si assiste sempre più spesso al fenomeno di coloro che tendono a vestirsi in evidente spregio di certe “etichette”, gironzolando in centro città con abiti informi e ciabattone volutamente non proprio graziose alla vista; oppure si “decorano” con molteplici tatuaggi e piercing; qualcuno prova ad esprimersi con linguaggi sistematicamente forti e provocatori laddove storicamente si tende ad utilizzare un linguaggio forbito e potrei proseguire pressoché all’infinito.
Risultato? Che i veri alternativi alla fine restano gli elegantoni, quelli che non si sono mai fatti tatuare e le persone che danno poco nell’occhio per la loro sobrietà.
E allora che possiamo fare? Ma nulla!
Forse dovremmo evitare di essere continuamente alla ricerca di qualcosa per distinguerci dagli altri creando nuovi stereotipi.
Forse dovremmo semplicemente smettere di credere di essere migliori di ciò che la gente pensa di noi o magari proprio accettare l’idea che – a volte e per certi aspetti – le persone non sbaglino nelle loro valutazioni.
Che poi potremmo pure obbligarci al piccolo sforzo mentale di non considerarci sempre vittime dell’inevitabile e spesso inglorioso giudizio altrui cercando, al contrario, di trarre qualche spunto utile proprio dall’analisi di chi ci frequenta per diventare ciò che ci fa sentire meglio con noi stessi!
Vabbè ragazzi, argomento complicato che di certo non può esaurirsi con questa manciata di spunti, ma da qualche parte si deve pur iniziare 😉
Buon tutto a tutti amici.
Vanessa Vane Bonaiti