Sono cresciuta in campagna, circondata da prati e animali, sono sempre stata confortata dalla mia famiglia a non avere timore delle bestie e a soli cinque anni ho espresso la volontà di diventare veterinaria. Ad ogni modo all’atto della scelta del corso di laurea ho dovuto optare per giurisprudenza  – che comunque adoravo – perché frequentare medicina mi avrebbe impedito di lavorare, ma ho portato sempre nel cuore l’amore per il mondo animale al punto di essere la prima – in facoltà di legge a Milano – a laurearmi con  una tesi di filosofia del diritto che trattava, proprio, dell’anima degli animali. L’obiettivo era portare ad ammettere – a seguito di un’analisi storico filosofico e sociologica- che non fosse  possibile negare a priori l’esistenza dell’anima animale.
La mia tesi – proposta dal grande Prof. Pocar – pose ulteriori basi per una serie di lavori preparatori successivi che portarono al potenziamento giuridico dei diritti degli animali i quali  – col tempo- si affrancarono davvero sempre più  dal becero ruolo di “oggetti”. 
La battaglia è stata lunga e ancora molto lavoro si prospetta perché si arrivi ad ammettere, oltre ogni ragionevole dubbio che, per esempio,  il dolore è dolore a prescindere da chi lo provi e questo al di là del dato normativo, ma per ragioni squisitamente ontologiche. 
Eppure, quando ci sembra di aver fatto un passo avanti, ecco che ci si trova ad allontanarsi nuovamente ed  inesorabilmente dall’obiettivo sperato.
Recentemente abbiamo assistito a fatti di cronaca molto violenti contro il mondo animale: ricci presi a calci per divertimento fino alla morte, pestaggi aggressivi, lanci da auto in corsa di cani e gatti, brutale agonia inferta ad una elefantessa gravida (forse l’obiettivo era un cinghiale, ma nel merito poco cambia).
Immagino lo spavento, il dolore e la frustrazione di una povera anima incapace di difendersi di fronte a cotanta atrocità. 
Mi chiedo spesso cosa possa spingere la gente a tanta cattiveria e poi rifletto e rammento le  violenze a cui assistiamo ogni giorno perpetrate anche a danni di anziani, disabili e bimbi, tutti uomini uniti dal limite dell’impossibilità di difendersi da soli…così un senso di profonda tristezza mi assale e non riesco a riflettere con lucidità.  Un sentimento di odio pervade la mente e divento cieca di fronte ad ogni forma di ragionevolezza. Il primo pensiero? Far provare a chi l’ha perpetrato lo stesso dolore atroce, torturarlo sino a togliergli il fiato.
Poi, però, penso a quanto sia privo di senso aver l’ardire di parlare di “anima” se il risultato è distruggere la propria con del riprovevole odio, sebbene rivolto a chi – forse – meriterebbe solo sdegno. 
Schopenhauer definiva “dannata” ogni morale incapace di cogliere un legame tra tutti gli esseri viventi e probabilmente era poco distante dalla verità.
Ci definiamo un popolo moderno e forte sostenitore dei diritti civili eppure non siamo ancora stati capaci di agire in maniera forte e sistematica sulla legislazione a tutela del mondo animale: servono più leggi, maggiori norme ad hoc con pene molto severe, valutando, altresì, la possibilità che vengano delineati veri e propri reati ostativi all’esecuzione di pene da eseguire esternamente dagli istituti penitenziari, contemporaneamente ad un ausilio psicologico ben declinato in base alle peculiarità di ogni singolo reo. Ricordiamoci sempre che “possiamo giudicare il cuore di un uomo dal suo trattamento degli animali (Kant) e che se una persona non disdegna la sofferenza altrui ben presto – soprattutto se in giovane età – si troverà a godere del dolore del suo prossimo.
Riflettiamoci tutti bene amici …buon tutto a voi

Vanessa “Vane” Bonaiti