Io sono un’autista Atb. Per dar modo di capire anche a quelli più distratti, sono l’omino vestito di blu e azzurro in testa al bus, sulla sinistra, quello che sembra reggersi attaccato ad un volante e invece detiene i comandi di un mezzo che scarrozza vite di umane per le strade di Bergamo.
Trasportiamo gente di vari gradi e razza: neri, gialli, bianchi, verdi per via della mia guida, tutti con le proprie gioie, le proprie passioni, con problemi che senza remore elencano, raccontano, discutono talvolta animatamente, sciorinando argomentazioni tra le più disparate con il tizio/a connesso al suo cellulare.
Mi è capitato d’esser testimone di amori che nascono e finiscono nel tragitto fra via Broseta e Borgo Palazzo, che danno adito a pianti inconsolabili malgrado l’amica di turno continui a ripeterle “lascialo perdere che quello è uno stronzo”, oppure di furibonde litigate in cui la parola “pezzo di…” sembra essere un intercalare da tante volte viene ripetuta. Ho assistito pure ad esilaranti situazioni che mi hanno messo in seria difficoltà perché quasi impossibile non ridere sfacciatamente.
Ho passato del tempo a pensare alla motivazione che spinge molti utenti a surclassare la privacy spiattellando tranquillamente i cazzi loro, ed ho capito che dietro non c’è una sola ragione: molti sentono la necessità di riempire un vuoto temporale perché non è contemplabile l’idea di sprecare tempo restando con le mani in mano: i più, fortunatamente, ci giocano o chattano solamente col telefono. Altri invece vengono assaliti da quella fastidiosa sensazione di “mancanza di terra sotto ai piedi”, cercando la fuga a quello stato di cose grazie all’amato cellulare, trasmettendo l’ansia che li attanaglia attraverso il tono concitato della voce. C’è chi invece è affetto da puro “esibizionismo” e mettere al corrente il resto dell’utenza sul bus della pienezza della loro vita diventa una necessità primaria. Poi ci sono quelli che, indifferentemente dal ceto sociale, dall’età o dalla razza, se ne sbattono altamente oppure non sono in grado di fare una semplice associazione, parlando di qualsivoglia fatto privato come se attorno non vi fosse anima viva.
In ultimo, ma non per ultimi di questo elenco, c’è la categoria che preferisco in assoluto: occhio non vede cuore non duole. Sono quelli che dimostrano l’attaccamento alla loro privacy spostandosi furtivamente a ridosso dell’autista per parlare al telefono. Adesso, con le norme anticovid che precludono la parte anteriore dell’autobus, questa prassi si è mitigata ma, pochi mesi orsono, erano soliti isolarsi dal resto dell’utenza avanzando fin quanto possibile guardando fissi la strada. Non vedendo più nessuno, nella loro testa scattava la funzione “bambino” e, proprio come da piccoli che bastava coprirci il volto per credere di scomparire, tutti quelli dietro svaniscono e finalmente al sicuro da orecchie indiscrete discorrevano di questioni anche delicate senza più premurarsi del tono della loro voce che però, ribalzando contro il parabrezza, tornava limpida al resto dei passeggeri.
In definitiva, se doveste imbattervi in un conducente scorbutico non giudicatelo subito male perché, oltre a problemi personali, spesso deve sorbirsi anche i cazzi degli altri.

Marcus Joseph Bax