Steso su di una pseudo amaca legata al balcone dell’amico sopra di lui, osservava con distratta attenzione le mille luci della città oltre il fiume che rimbalzavano sulla sua superficie colorando la notte. Tre le mani teneva una bottiglietta di birra, un piccolo premio dopo la giornata faticosa passata in cantiere. Era stanco, molto stanco. Sentiva le palpebre pesargli come fossero divenute di piombo. Inoltre, non riusciva a trattenere un pensiero qualsiasi che l’aiutasse a distrarsi dall’ossessione di lei: erano mesi che né la vedeva e tantomeno aveva notizie, da quel maledetto giorno che, in cima alla collina, si era dichiarato dicendole spavaldo dell’amore che presto o tardi sarebbe scoppiato tra loro, distruggendo così l’annosa amicizia. Disse un “bah” sconsolato ripensando a quelle parole, scuotendo violentemente la testa beffeggiandosi. Poi diede un ultimo sorso appoggiando la testa e chiudendo gli occhi, pregando si addormentasse ma soprattutto che lei sparisse dalla sua mente. In quel momento però un suono, il rumore del campanello lo scosse. Fece un lungo sospiro e stancamente discese dal giaciglio improvvisato entrando in casa, dirigendosi alla porta con una flemma da morto vivente.
-Chi è…?- domandò scocciato.
-Io.- fu la risposta secca… e il ragazzo trasalì.
Era lei. Non poteva essere altri che la sua voce. Aprì la porta con media lentezza imponendosi un contegno, ma quando la vide illuminata dalla debole lucina fuori l’ingresso che la rendeva più bella del vero abbozzò un ghigno ridicolo, infatti la ragazza ne sorrise divertita.
-Avevi ragione- disse lei diventando a un tratto seria -…è successo.-
Il giovane diede evidente segno di non capire.
-Quanto mi hai detto sulla collina.- asserì la dolce fanciulla aggrottando la fronte -Un giorno, baciando lui, penserai a me e… ecco… è andata proprio così.- concluse imbarazzata.
Il ragazzo, come se queste parole avessero illuminato il ricordo di quel momento, sorrise con più convinzione e mosso da una sicurezza ritrovata allungò una mano toccandole una guancia, scostando una ciocca per vedere meglio il rossore sul suo volto. Quindi chiuse la porta, le tolse la borsetta appoggiandola sul tavolino e la prese per mano portandola in mezzo al suo fatiscente monolocale, a due passi dal letto senza che lei opponesse la ben che minima resistenza. Qui giunto, dopo averle preso il viso tra le mani, la baciò teneramente scorrendo poi una mano sul collo per andar dietro, sotto i folti capelli bruni, all’altezza dell’attaccatura, sfiorandola come se stesse disegnando piccoli cerchi sulla sua nuca. La magia di quel momento diede nuovo coraggio al giovane uomo e d’un tratto le mani scesero di lato scostando la camicetta che cadde a terra flessuosa, sicché la sua attenzione si spostò sulle spalle carezzandone il profilo, baciandole la pelle fin giù sul petto, sui seni, ruotando con la lingua attorno ai suoi capezzoli turgidi per l’emozione, mordicchiandoli per poi scendere ancora scorrendo le dita su entrambe i fianchi facendola sussultare. Indi si mosse al centro, sul suo ventre sospinto da una respirazione a scatti. Sollevò la testa facendole un sorriso malizioso e lei chiuse gli occhi afferrandogli i polsi, al che il ragazzo si alzò di colpo adagiandola sul letto alle loro spalle. Pantaloncini e slip si sfilarono senza alcuna fatica rivelandola in tutta la sua beltà, difatti il giovane esitò come frastornato. La fanciulla stesa sulle candide lenzuola sorrise imbarazzata coprendosi per la vergogna, ma proprio quel gesto occorse a smuoverlo togliendosi la maglia a sua volta, piegandosi su di lei, riprendendo a carezzarla seguendo linee precise con l’attenzione di chi vuole memorizzare un percorso. Spostò le dita a disegnare il profilo del corpo, poi fece lo stesso con la lingua fermandosi all’altezza del bacino e quindi sul pube baciandolo delicatamente: al che lei gemette infilando le mani tra i suoi capelli mori come volesse dirigerlo. Se in questo c’era un invito implicito lui non l’ascoltò affatto tant’è che proseguì scendendo lungo la coscia, e lei sospirò ansiosa tornando a stringere le lenzuola mentre lui seguitava a baciarla, a carezzarla, fino ad arrivare al piede che prese fra le mani strusciandoselo sul viso come fosse un gatto che fa le fusa. Quando le mordicchiò le dita la ragazza scattò emettendo un gemito di piacere. Lui fece un’impercettibile smorfia di soddisfazione riprendendo a baciarle la pelle passando all’altro, cui riservò lo stesso trattamento, ottenendo le medesime reazioni, commentando ugualmente lezioso. Tornò a risalire il suo corpo doppiando il ginocchio, muovendosi con le dita fino all’interno coscia, tracciando poi linee con la lingua che alternò a dei baci come se volesse marcare dei punti sul suo cammino. Finalmente, giunto dinnanzi la vulva bagnata dall’emozione dell’attesa, il ragazzo si fermò per un lunghissimo attimo in cui lei avvertì un fremito attraversarle tutto il corpo. La respirazione della fanciulla aumentò febbrilmente e il giovane, prima di fare una qualsiasi mossa, soffiò delicatamente provocandole l’ennesimo sussulto. Lei s’inarcò divaricando le gambe e nello stesso istante il ragazzo cominciò a leccarle le grandi labbra facendola esplodere di piacere: le mani lasciarono le lenzuola afferrandogli la nuca mentre si muoveva sapientemente. Quando si soffermò sollevandosi a guardarla con malizia, la fanciulla, avvolta dalla lussuria, lo strappò a sé baciandolo. Il movimento repentino portò il pene del ragazzo a toccare il sacro tempio e la giovane, che sapeva perfettamente quanto sarebbe accaduto, gli afferrò con decisione le natiche per una richiesta esplicita. Ma lui si oppose restando appena staccato, facendole però avvertire la sua virilità che pulsava a un millimetro dalla vulva. Lo guardò intensamente implorandolo di interrompere quell’attesa che le stava stravolgendo l’anima ma lui aspettò ancora un istante che le parve eterno. Di colpo, i tratti gentili del ragazzo si deformarono spalancando gli occhi come se improvvisamente un demone si fosse impossessato del suo spirito: in quell’attimo la penetrò cominciando a muoversi freneticamente, dando fondo a quell’energia finora amministrata come solo il migliore degli amanti. Il primo orgasmo della ragazza giunse quasi immediato ma lui non smise la sua azione, consapevole del crescendo emozionale che in seguito l’avrebbe pervasa. Difatti, quand’arrivò il secondo, le convulsioni furono maggiori tanto che lei gli conficcò le unghie nella schiena stringendolo forte a sé. I due corpi madidi di sudore strusciavano, scivolavano in una danza armoniosa, avvolti dal piacere dato dalla carnalità. I gemiti della fanciulla aumentavano assieme al tremore fino a quando giunse il terzo orgasmo in concomitanza con quello del ragazzo, il quale si sollevò emettendo un grugnito a denti stretti, segno d’un piacente ed irrinunciabile dolore mentre le donava parte della sua essenza. Attimi dopo, fatto un profondo sospiro, il movimento del giovane rallentò gradualmente aprendo solo allora gli occhi neri come la notte, incrociando i di lei verde smeraldo. E scoppiò a ridere di soddisfazione contraendo di conseguenza i muscoli dell’addome facendo dei piccoli scatti ed il pene, siccome ancora inserito, le provocò dei lievi sussulti di piacere.
-Ti ho sempre amata.- sussurrò smorzando le risa mentre con una mano le scostava i capelli. Quindi s’abbassò per un lungo ed intenso bacio. L’amplesso, durato solo pochi minuti, non fu niente a confronto col tempo che rimasero abbracciati su quel letto a scambiarsi attenzioni e tenerezze, carezzando i loro giovani cuori come fosse per l’eternità. Lui l’amava più della sua stessa vita ma non pretendeva che fosse lo stesso per lei. Non era importante. E col passare del tempo si addormentò felice di aver posseduto la sua anima almeno per una notte, consapevole che l’indomani, alla luce del giorno, avrebbe potuto essere tutt’altra cosa. Quando però gli occhi del ragazzo si schiusero appena s’accorse fosse ancora notte, e vide milioni di lucine colorate rifulgere nel buio. Si sollevò di scatto e la pseudo amaca su cui era steso si mosse paurosamente rischiando di finire a terra. Ritrovato l’equilibrio si ridistese sconsolato con una mano in volto, imprecando per il sogno atrocemente reale. In quell’istante però udì il campanello della porta e un brivido lo pervase. Scese di corsa entrando in casa, senza esitazioni aprì l’uscio e… un sonoro ceffone gli percosse la guancia.
-Tu chi cazzo ti credi di essere!?- sbraitò la giovane paonazza in volto -Chi sei…!?- urlò mollandogli un altro schiaffone -Ho rovinato la mia vita! Rovinata per colpa tua, per un cazzo di …stregone!- disse percuotendolo ripetutamente. Era stravolta: aveva gli occhi gonfi, arrossati, sull’orlo di un’esplosione che cercava di contenere con la collera riversata sul ragazzo. Lui palesemente allibito, preda ancora delle immagini del sogno beffardo contrapposte alla cruda realtà, non riuscì ad abbozzare una minima replica. Quest’assenza di risposta la innervosì a tal punto da farle digrignare i denti rabbiosa come se a momenti dovesse colpirlo mortalmente… invece gli saltò al collo con veemenza scoppiando in lacrime, disperata, tant’è che i due finirono a terra sul tappeto vicino alla porta. Incominciò a baciarlo spasmodicamente e lo stato d’ansia che l’aveva violentata per mesi si trasformò, s’impossessò delle sue azioni avvolgendola e stravolgendola di passione, e così gli strappò i vestiti di dosso, afferrandogli il membro per un impensabile, intenso e reale fellatio.

Marcus Joseph Bax