La prima stagione del Napoli nel campionato nazionale fu una catastrofe,  con 17 sconfitte in 18 partite. Si racconta che in un bar, un tifoso amareggiato per l’esito deludente di quel campionato, esasperato urlò ai presenti: «Ato ca cavallo sfrenato, a me me pare ‘o ciuccio ‘e Fichella, trentatré chiaje e a coda fraceta!». (Altro che cavallo sfrenato! A me pare l’asino di Fichella, trentatré piaghe ed una coda marcia!).

Il Fichella era un povero uomo che per vivere raccoglieva fichi di notte, rivendendoli di giorno. Da qui il suo soprannome “’O Fichella”. Aveva con sé un asino in condizioni peggiori delle sue,  coperto di piaghe e con la coda in cancrena. Il povero animale provava a rendersi utile trasportando qualcosa, ma dopo pochi passi stramazzava al suolo, esausto. Ecco il chiaro simbolo partenopeo di Napoli calcistica. In quell’annata calcisticamente negativa, il Napoli somigliava all’asino di Fichella, distrutto ad ogni occasione.

Un ciuccio in carne ed ossa fece il suo primo ingresso allo stadio nel 1930, in occasione della partita Napoli-Juventus. I partenopei perdevano 0-2, ma incredibilmente riuscirono in una rimonta storica, terminando l’incontro 2-2. Al termine della partita, così, un piccolo asinello infiocchettato con un nastro azzurro fu portato in trionfo accompagnato da un cartello con su scritto “Ciuccio fa tu”. Ecco dunque il significato che incarna ancora oggi ‘o ciuccio, simbolo del Napoli calcio. Come l’asinello, stanco e bistrattato per le fatiche, il Napoli, nel momento di amarezza e sconfitta, riesce infine a rialzarsi con orgoglio, dimostrando passione, forza ed amore. Che non succeda contro l’Atalanta!