Un’associazione attiva dal 25 settembre 1972, per far fruttificare nell’oggi e nel domani globalizzato la pianta di una tradizione che affonda le radici nella Bergamo veneziana colta e altolocata. Una passione che risiede nel palco 8, terza fila a sinistra, ed è anche una questione di sangue: “Il nonno di mio marito morì nell’immediato dopoguerra mentre giocava a bridge al Circolo dell’Unione, all’altezza della terza fila a sinistra, dove i soci si ritrovavano all’intervallo degli spettacoli: le signore entravano solo su invito. Mia suocera mi ha tramesso l’amore per questo luogo, che lei riteneva molto superiore alla Scala”, rimarca con orgoglio Daniela Gennaro Guadalupi, farmacista-imprenditrice genovese trapiantata a Bergamo per matrimonio, presidente del Corpo Palchisti, che rappresenta attualmente 28 dei 34 proprietari, dal 2018. Al Teatro Donizetti, sopra la platea, è ancora il mondo di altrettante famiglie e dei loro eredi: “Possedere un palco è un fatto affettivo. Non si esaurisce solo nei diritti di prelazione, di affaccio e catastali”. Una ragion d’essere familiare che trova un senso profondo nella storia della città e nel risvolto sociale della primissima pubblicazione del Corpo, “Dentro il teatro. I palchisti tra Teatro Riccardi e Teatro Donizetti”: “Abbiamo messo cento copie a disposizione dell’editore (Lubrina Bramani) che le rivende al prezzo di copertina di 30 euro, altre mille le cediamo dietro offerta per finanziare una borsa di studio per il Conservatorio. Non ci sono privilegi, forse l’unico è che riceviamo il programma della stagione in anticipo: paghiamo gli abbonamenti e i biglietti, se i posti restano liberi il teatro li mette in vendita”.
A cura di Clelia Epis, l’opera traccia i solchi lungo la strada del progresso economico e sociale della città. Dalla prima struttura stabile del negoziante di seta e impresario teatrale Bortolo Riccardi, affittuario in zona Fiera del Comune e dell’Ospedale Maggiore (titolare del reddito), col contratto coi tre presidenti indicati dal Comune (Franchetti, Vertova e Calepio) del marzo 1786, passando per l’incendio sospetto dell’11 dicembre 1797 (ma secondo altre fonti risulta gennaio, tre mesi prima del passaggio alla Repubblica Cisalpina) con l’ultimo capitano della Serenissima Alessandro Ottolini sul banco degli imputati in odore di complotto anti-francese dopo aver provveduto alla distruzione della struttura presso la Cittadella, vicinissima ai palazzi del potere della Repubblica di Venezia ormai al tramonto, fino alla ridenominazione con rifacimento della facciata in occasione del centenario donizettiano nel 1897 e alla parentesi dell’ultima ristrutturazione coi battenti chiusi il 5 febbraio 2018 per lunghissimi 1.066 giorni. Tutta l’attività trasferita al Teatro Sociale sulla Corsarola, spesso privilegiato e anzi costruito (1808) dai nobili di due secoli fa perché praticamente sotto casa e irritati dalle vertenze, fino alla fine dello scorso maggio, con la riapertura grazie anche ai palchisti: “Come tali siamo tenuti a sostenere i lavori di ristrutturazione con una quota, pena la perdita della proprietà, con l’ente pubblico che entro 20 anni può rivendicarne comunque l’usucapione – continua Guadalupi, succeduta al vertice dei palchisti all’avvocato Attilio Rota, mentre il primo presidente è stato fino al 1985 l’ingegner Carlo Coltri -. E’ lo stesso motivo per cui sono ormai pochissimi i teatri in tutta Italia coi palchi ancora di proprietà. Come Corpo abbiamo avvertito l’onore e l’onere di donare in formato digitale all’archivio iconografico della Fondazione Teatro Donizetti i materiali iconografici e documentari provenienti dalle famiglie proprietarie: la nostra storia è anche quella del Donizetti e della nostra Bergamo”.
La vicenda del teatro, ricostruito all’inizio del secolo decimonono sempre a opera di Giovanni Francesco Lucchini e riaperto il 30 giugno 1800, si snoda per la maggior parte attraverso la gestione dei privati, con Riccardi costretto con atto notarile del 30 giugno 1790 (il 24 agosto 1791 l’inaugurazione) a vendere i palchi per finanziare la costruzione – i palchisti erano rappresentati dai tre nobili Giovanni Battista Vertova, Luigi Grismondi e Giovanni Giacomo Arrigoni: 930 lire per prepiano e primo ordine, 690 per il secondo e 360 per il terzo – fino al 7 novembre 1938, all’atto della cessione al Comune, all’insegna della dialettica tra pubblico e privato. “Il rapporto numerico tra proprietà privata e pubblica dei palchi s’è ribaltato, dai due terzi, 78 su 106, ancora dei palchisti all’avvio della prima grande ristrutturazione nel 1980-1982 alla stessa quota passata al Comune, ovvero 76 palchi, dopo l’ultima”, precisa Silvio Galli, segretario del Corpo. “Il ridotto è stato anche un luogo degli affari, i palchi coi loro camerini privati erano luoghi di liaison – continua la presidente -. All’intervallo si prendeva qualcosa al Circolo dell’Unione, senza scendere dal livello dei palchi. Nel libro s’intreccia un gossip di cronaca cittadina e teatro ad altissimo livello, un testamento ai più giovani di quando si andava a teatro in abito lungo”. Le tensioni proprietà-palchisti, palchisti-impresari, tutti-amministrazione cittadina: anche questo è il filo conduttore fino alla comunalizzazione della proprietà della struttura e della sua gestione.
Da Clelia Epis, archivista e storica della Fondazione Teatro Donizetti, l’introduzione al volume: “I palchi furono venduti per fare cassa, come dimostra il contratto originale del 1790 con cui inizia la storia dei palchisti al Riccardi, rinvenuto grazie ai Guffanti Scotti, una delle famiglie che ci hanno aperto gli archivi come i Guadalupi, i Pedroli, i Pezzoli, i Rota (eredi di Attilio, predecessore di Daniela Guadalupi a capo del Corpo Palchisti) e gli Zavaritt. La prima parte è di carattere storico coi contrasti fra palchisti e proprietà (la vertenza sui canoni arretrati, che Riccardi esigeva all’infuori della stagione di fiera, si trascinerà fino al 1884 cogli eredi dell’imprenditore), la seconda è di costume e gossip, la terza coi palchisti che continuano la tradizione come Guadalupi, Suardo e Venier”. E ancora, tappe su tappe: 11 febbraio 1822, la Società dei proprietari di palco, tre anni dopo l’asta per il Riccardi, accompagnata dalla dotazione annua comunale; la gestione degli impresari; 11 gennaio 1895, la Società di 34 cittadini per riscattare il teatro e dedicarlo a Gaetano Donizetti rifacendone la facciata: i balli della Croce Rossa per Carnevale con la colazione sul Sentierone la mattina dopo; l’eliminazione dei camerini nel 1964.
CORPO PALCHISTI: LE INIZIATIVE DA SETTEMBRE – Dal prossimo settembre, nel Salone Tremaglia o nel foyer, ecco le iniziative-incontri del Corpo Palchisti ancora da calendarizzare e definire. Settembre: momenti culturali con Massimo Boffelli, direttore generale della Fondazione Teatro Donizetti. Ottobre: Francesco Micheli, direttore artistico, per Donizetti Night. Novembre: con Maria Grazia Panigada (direttrice artistica stagione di prosa) per i percorsi di prosa. Febbraio 2022: con la direttrice artistica Maria Pia De Vito per lanciare il Bergamo Jazz Festival. Marzo 2022: con il maestro Pier Carlo Orizio, direttore artistico del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, di cui Daniela Guadalupi è presidente dal marzo scorso, per introdurne la sessantesima edizione.
Simone Fornoni