Quello che dicevo di noi a Bergamo e di noi a Brescia, della rabbia che ci sale, verso tutto, pure nei confronti di una povera sceta come Silvia Romano se sentiamo minimamente la puzza dei nostri politici, è tutto riassunto nelle dichiarazioni rilasciate ieri dal nostro governatore regionale, Attilio Fontana.
Da noi ci sono stati ventimila morti, un decimo dei decessi che si sono verificati in tutto il mondo. E abbiamo speso fiumi di inchiostro e di tempo per raccontare perché è capitato proprio qui, in Val Seriana e in Val Brembana, nella Bassa e nella nostra città, oppure nella provincia accanto, quella di Brescia, gente bellissima che ho imparato ad apprezzare, a sentire accanto, proprio perché nel nostro dolore e nella nostra miseria, tra le stesse domande, ogni volta senza risposte.
Dice Fontana, tredicimila euro al mese in busta paga, interamente versati da noi: “Dormo sonni tranquilli, non ho pesi sulla coscienza”. Al di là delle responsabilità di questa strage, quelle su cui si è messa a lavorare la magistratura, sono anche le sue parole che fanno salire il porco a tutti noi, che abbiamo visto amici ammalarsi, alcuni salvarsi grazie allo straordinario lavoro dei nostri medici e dei nostri infermieri, altri crepare senza manco potergli dare un saluto, noi che siamo stati chiusi in casa con le ambulanze tutte attorno, col cellulare in mano, nell’ansia che si trattasse di un nostro caro.
Non è il caso di Fontana, che dorme sonni tranquilli. Non è il caso di Fontana, il responsabile della nostra sanità, quella che si è dimostrata finta e di plastica, per via degli anni e anni di tagli di un centrodestra che segue sempre la linea formigoniana di smontare il pubblico per far decollare il privato. Non è il caso di Fontana, che ha deciso, pure lui, di non fare la zona rossa per salvarci tutti quanti quando era ancora possibile, l’uomo che è a capo di una giunta che ha la responsabilità di avere riaperto l’ospedale di Alzano quando il pronto soccorso era interamente contagiato, lui che ha scelto di mettere i malati covid negli ospizi, col casino che ne è venuto fuori, l’amministratore che non investe sui tamponi, che io manco so ancora se sto coronavirus l’ho fatto o no, se sono asintomatico, se sono un pericolo, se è giusto che venga in ufficio. E non lo saprò mai.
Fosse un altro, non lui. Dico fossero le dichiarazioni di uno qualunque, anche in gamba, dei pochi che non sbagliano mai, ma che di fronte a ventimila morti, che sono visi, ricordi, momenti, lutti e dolore, perdite, che sono la sua gente, le persone che lo pagano per la propria salute, riesce a dormire sonni tranquilli, ci sarebbe solo da nominarlo con una parola. Che lascio a voi e che sentiamo ogni volta tutti noi.       

Matteo Bonfanti