Ci sono degli attimi, nel corso di ogni partita, che durano solo delle frazioni di secondo ma durante i quali passano per la testa una raffica di pensieri senza filtro che sembrano far durare quegli istanti un’eternità. In quelle occasioni subentra un gelo tra i giocatori e gli spettatori insolito che si sostituisce al baccano da match che dura dal 1’ al 90’ (e anche oltre molto spesso). E’ rotto solo da qualche voce isolata che prova a commentare con una parola soltanto quello che sta accadendo o quello che accadrà o, ancora, quello che spera possa accadere. Quei momenti sono quelli in cui c’è un’azione pericolosa che può concludersi con un gol o no, che può essere un gol degli avversari o della propria squadra. Gli attimi dei gol avversari li ho sempre visti da una prospettiva sfavorevole giocando in attacco e essendo dalla parte opposta dell’azione per cui finchè la palla non tocca la rete non capisco esattamente cosa stia succedendo. Non appena l’avversario scaglia il tiro verso la porta, chissà perché, si ha quasi paura di vedere cosa succede e allora si tende ad abbassare la testa e a chiudere per un attimo gli occhi ma non del tutto perché ovviamente si vuole capire dove andrà quel pallone e allora si sbircia appena. Pensieri: “Entrerà, non entrerà, il portiere sembra messo bene, forse va fuori, adesso che vanno in vantaggio non la recuperiamo più, esci palla esci, perché abbiamo perso palla proprio lì, dai prendila”. Esito: Parata! Che parata ha fatto, l’esito del tiro arriva improvvisamente, come un episodio distaccato da tutto quello che c’è stato tra il tiro e la parata, arriva come un risveglio improvviso da tutta quell’attesa in cui ci si è immersi. E quello che viene immediatamente dopo è un lunghissimo sospiro di sollievo e un attimo che ci si prende per scuotersi dalla grande paura che ci si è appena presi. E se invece il tiro va in porta? Non si vede tanto la palla che entra quanto la rete che si gonfia e lo sguardo di tutti che mira solo ed esclusivamente in quella direzione. Poi mani sui fianchi, silenzio rotto dall’esultanza sempre fastidiosa degli altri, capo chino, qualche urlo e il mesto rientro a centrocampo che sembra sempre una marcia funebre e non un intermezzo di una partita di pallone. E se a segnare siamo noi? Ho capito che esistono questi attimi proprio domenica: sotto di 2-1 al 90’ dopo una partita nervosissima e tiratissima abbiamo una punizione a 30 metri dalla porta. In area ci siamo tutti e 22, sulla palla c’è “Terra” che si appresta al cross, tutti alziamo la mano chiedendo la palla, loro urlano chiamando le marcatura, il portiere sta appena fuori pronto ad uscire in presa per sventare la minaccia. L’arbitro fischia e succede l’imponderabile. Tocco corto del Terra verso la sua destra, spunta dal nulla “Seba” che nessuno l’aveva visto e nessuno lo aveva considerato come una minaccia, sicuri che sarebbe arrivato il cross. La palla del Terra scorre piano sull’erba emettendo quel fruscio che solo noi possiamo percepire. La rincorsa del Seba è leggiadra, tre passi per coordinarsi e poi calcia in porta, d’esterno destro, dritto per dritto. Abbiamo ancora lo sguardo verso di lui: Perché ha tirato, perché non l’ha messa in mezzo che siamo tutti qui, è troppo lontano, non entrerà mai, ecco altra sconfitta, altra domenica da dimenticare. Poi lo sguardo segue la palla e arriva fino alla porta: però il tiro è forte, sta andando proprio là, è all’altezza giusta, ha la forza giusta, ha il giro giusto, se il portiere non la prende è gol, no non la può prendere. Gol! Euforia, arrivano gli attimi in cui non si capisce nulla, la panchina entra in campo, urliamo e ci abbracciamo. L’abbiamo ripresa, come è bella l’attesa…se il pallone finisce dentro.
Federico Biffignandi