di Federico Biffignandi
Ci sono dinamiche nello spogliatoio imprevedibili. Reazioni ad eventi che avvengono in campo o fuori che non sono teoricamente in linea con gli obiettivi sportivi ma vanno ben aldilà. Perché i rapporti ‘umani’ vengono prima di quelli tra ‘giocatori’ perché, spesso, i risultati prettamente calcisitici vengono dopo: prima ci sono priorità solo ed esclusivamente di sane amicizie personali. Anche perché, si sa, più quelle amicizie sono sane, allargate e sentite tra le mura dello spogliatoio, migliori saranno i risultati, e se quelli non dovessero arrivare si ricorderà comunque la stagione in modo positivo. Ecco, tutta questa premessa è per dire che dalle nostre parti, a Loreto, domenica si è festeggiato più per un gol segnato da un singolo che per una vittoria perentoria per 4-0 in uno scontro decisivo. E non bisogna parlare di un non rispetto della regola non scritta dello “spirito di squadra”, semplicemente una di quelle reazioni tanto irrazionali quanto sentite, vere e per questo da raccontare. La partita, a mezz’ora dalla fine, era già finita perché ci troviamo in vantaggio per 3-0. Ma a quel punto, dopo tanti minuti passati in panchina, è giunto il momento del “Beppe”. Mentre esco dal campo per lasciargli spazio noto che ha una faccia diversa, uno sguardo più cattivo del solito e lo scatto con cui prende posto in attacco mi conferma la sensazione. E’ sospinto soprattutto dagli incitamenti dei compagni in panchina, da quelli in campo e da chi c’è in tribuna. Ogni volta che la palla gli passa tra i piedi è un sussulto, una speranza che possa mettersi in mostra e farsi valere. E dopo pochi minuti con veemenza segna entrando in porta pure lui in scivolata e travolgendo un compagno e due avversari in un gol rocambolesco e dunque ancora più godurioso. Se nei primi tre gol la reazione nostra era stata freddina, al 4^ si scatta in piedi, si entra in campo e, per una volta, si fa quel mucchio un po’ selvaggio che quest’anno non si era mai visto. Gli sguardi sono soddisfatti, di quelli che hanno appena assistito ad un successo (che sa un po’ anche di rivincita) di un amico. Non è il gol in sé, non è il 4-0, non è la vittoria ma il fatto che un amico si è ritagliato un momento di gioia personale. Tutto questo perché? Perché lui, il “Beppe”, è il tipico giocatore che sa fare gruppo. Senza fare nulla di cercato, di particolare, di straordinario: fa gruppo e basta. Fa gruppo perché da due anni si accomoda spesso e volentieri in panchina, suo malgrado ma senza farlo pesare. Fa gruppo perché sa tenere su l’umore della squadra nonostante il suo, in fondo, forse non sia così positivo per un campo visto sempre da lontano. Fa gruppo perché in settimana c’è sempre, perché è quello che ha marcato più presenze agli allenamenti nonostante in molti spesso mollano dopo un paio di panchine (è successo anche a noi in questa stagione). Fa gruppo perché ha sempre qualcosa da raccontare di tragicomico, perché è cercato dai compagni, perché ha sempre la battuta pronta al momento giusto ma coi fatti dimostra come ci si comporta in un gruppo. Nei giorni successivi al gol ha detto che ha i bomber più celebri della provincia nel mirino, che in squadra ha la media gol-minuti più alta e che può spiegare al “Dona” come si fa gol appena entrati in campo. Lo ha fatto prendendosi un po’ in giro, col solito modo di coinvolgere tutti e strappare una risata a tutti. Lo ha fatto spontaneamente, per far gruppo, per stare bene in gruppo. In attesa del prossimo mucchio selvaggio, magari per festeggiare un suo gol che conta.