Che sia in serie A o in Terza categoria, un derby è sempre un derby. Che ci sia di mezzo Totti e i suoi selfie davanti alla “Sud” o il geometra Mario Rossi che la domenica si trasforma in bomber di razza su campi impolverati, il fascino di una sfida tra vicini di casa è sempre grande. Non importa che ci siano due curve ad alimentare la rivalità (anzi, ultimamente forse è meglio lasciare la scena solo ai giocatori) perché l’adrenalina da derby sorge spontanea nello spirito di ogni giocatore dalla Serie A alla Terza categoria. Forse, a dire il vero, un derby dilettantistico è ancora più sentito perché ognuno, spesso, gioca per la squadra del proprio quartiere e il derby è a 360 gradi. Di fronte si trova magari l’amico di sempre o il nemico di sempre e capita che si parli di “amico” e “nemico” non solo per questioni di campo ma anche per questioni quotidiane e a quel punto tutto diventa più rovente. Ebbene, noi del Loreto il nostro 2015 lo abbiamo iniziato proprio con un derby, anzi con “il derby” contro i cugini dell’Excelsior. Da sempre è uno dei più sentiti per rivalità cittadina, per modi diversi di intendere il calcio e la vita da ragazzi nei rispettivi quartieri, per storicità, per colori uguali e perché, come spesso capita, è il calcio stesso coi suoi incroci, le sue battaglie, le sue vittorie e le sue sconfitte a determinare quali siano le partite “calde” di un campionato. Nelle giovanili gli scontri erano già accesi ma si era ancora troppo piccoli per capire cosa fosse un derby. C’era l’aspetto romantico quando si giocava nel campo di viale Giulio Cesare, l’ammirazione per squadre di quel quartiere che primeggiavano ma anche soddisfazioni per tante sfide vinte in cui un gol valeva doppia soddisfazione. Ci fu un anno in cui la nostra juniores regionale vinse la finale play out facendo retrocedere i cugini dopo gli stessi avevano vinto in modo sonoro l’andata ma al ritorno capitolarono proprio all’ultimo istante. Il massimo. Tutti ricordi che in settimana sono tornati a farsi limpidi nello spogliatoio per caricarsi, per trovare ancora più motivazioni, per non dimenticare le sconfitte da vendicare e le vittorie su cui costruire la fiducia. Fino a domenica quando questo ultimo derby in ordine cronologico l’abbiamo vinto, per la terza volta su tre partite in questa stagione (una in coppa e due in campionato) e un mini traguardo della nostra stagione lo abbiamo trionfalmente tagliato. Ma l’apprensione nel prepartita era tantissima perché all’andata sul campo era finita 1-1 ma successivamente, grazie al giudice sportivo che accolse il nostro ricorso per una squalifica non scontata da un loro giocatore, il risultato si tramutò in 3-0 per noi. Ecco appunto, il calcio: come se non bastasse gli dei del pallone hanno aggiunto pepe alla rivalità con questo episodio. Temevamo una grinta da parte loro ancora più aspra, una cattiveria agonistica eccessiva e per questo ci eravamo prefissi di non cadere nel tranello delle provocazioni. Cattivi si ma solo calcisticamente. Ma rispetto alle altre volte dove volavano parole grosse e calcioni poco ortodossi questa volta c’è stata molta più lealtà. Si percepiva che ogni contrasto era affrontato come fosse quello decisivo, che l’apprensione negli ultimi minuti fosse maggiore, che gli sguardi erano un po’ maliziosi e maligni ma tutto sommato c’è stata grande lealtà tra tutti. Tanti cartellini gialli, anche un rosso ma alla fine strette di mano, sorrisi e in bocca al lupo anche tra quei giocatori che si erano pizzicati di più nei match precedenti. Una via di mezzo giusta, divertente, di spessore, impreziosita (ovviamente) dal risultato vincente.

Federico Biffignandi