Sul campo di calcio di Curno opera un preparatore dei portieri assolutamente unico che tutti i bambini all’arrivo salutano: «Ciao Gigi». «Sono lì da più di vent’anni e quando sono arrivato quasi non mi salutavano. Ho portato come prima regola di salutare tutti, ed ora quando entro nel centro sportivo tutti mi dicono “Ciao Gigi”». Ma chi è questo personaggio unico e carismatico del calcio di Curno? Parliamo di Gigi Gelmi, classe 1931, precisamente 21 novembre 1931. Dunque un uomo quasi alle soglie degli 84 anni ancora brillante preparatore dei portieri per due pomeriggi a settimana, dopo una carriera di portiere nel dopoguerra.
Qual è il segreto di Gigi? Innanzitutto la passione per il calcio dato che da circa da 70 anni calca i campi di calcio, poi la moglie Lidia che da 63 anni gli è a fianco (57 di matrimonio e 6 di fidanzamento, «dovrebbero darci un premio») e forse anche il buon pane che Gigi da 20 anni prepara in casa in modo veramente squisito e mi da in dono da assaggiare. E la moglie Lidia mi rivela un altro suo elisir di lunga vita: «Le consiglio di mangiare tante cipolle e tanto aglio!».
Gigi è uomo di Bergamo città (anche se oggi abita a Sotto il Monte), nato a Palazzo Frizzoni dove la mamma era custode, e poi residente in via Nullo fino a 20 anni. Da via Nullo si recava a piedi, nel dopo guerra, in Via Maj a trovare la fidanzata Lidia. Una lunga scarpinata per trovare una donna bellissima e per tenersi in forma e mettersi alla prova anche nel calcio. Era alto 1,81, una altezza notevole in quegli anni, e la prima prova fu sul campo Olimpia, ma senza particolare successo. Poi a 15 anni arriva l’Atalanta in cui Gigi rimane fino oltre i 17 anni. In quegli anni, dove oggi sorge la stazione autolinee, c’era il campo Barlassina, un campo in terra battuta (demolito poi negli anni 50) dove si svolse il primo torneo notturno della bergamasca. Già perché l’illuminazione notturna dei campi di calcio non esisteva. Il campo Barlassina fu il primo in assoluto della Bergamasca ad essere illuminato e il torneo notturno a cui Gigi partecipava era frequentatissimo da squadre e da pubblico. Organizzava l’Olimpia, e il torneo era intitolato a Rinaldo Barlassina considerato ai suoi tempi “il principe dei fischietti”. Un fratello di Barlassina, Primo, risiedeva a Bergamo ed era presidente della commissione tecnica del torneo. Il nostro Gigi per 3 mesi era stato in prova anche al Milan. Si era recato a Milano in treno e poi uno zio là residente era venuto alla stazione a prenderlo con una bici, e con Gigi seduto sulla canna si erano recati allo stadio. Bei ricordi. «Al Milan ci tenevano tanto all’educazione e al buon comportamento. Ero un giovincello e i dirigenti mi davano del lei, c’era tanto rispetto ed umiltà. Il passaggio al Milan non andò in porto perché l’Atalanta non fu favorevole a lasciarmi libero. Per questo io sono rimasto tifoso milanista e un po’ amareggiato dal comportamento dell’Atalanta. A quei tempi l’Atalanta era in serie A, ma in campo andavano solo gli 11 della formazione, l’allenatore e il massaggiatore. Non c’era panchina. Se un giocatore si infortunava si rimaneva in dieci. Il portiere di riserva non andava neppure in trasferta per limitare i costi. Chiuso con il Milan finii alla Nossese (società del Presidente Perani, che aveva una notevole attività di ingrosso in Valle Seriana) e per una partita mi dava 3.000 lire che all’epoca era una bella cifra».
Arriva poi una proposta dall’Arezzo e Gigi si trasferisce là a difendere i pali. «Mi davano 70.000 lire al mese, ero spesato. Era un ottimo ambiente. Il mio massaggiatore era Mario D’Agata, unico sordomuto che poi vinse il titolo italiano, europeo e mondiale di pugilato pesi gallo nel 1956. Ad Arezzo portavo la farina da Bergamo e mi preparavano la polenta. Ero un bel figo, alto 1,81, all’epoca una statura notevole. A Bergamo avevo Lidia ma ad Arezzo potevo frequentare la casa del politico Fanfani e la figlia, o la famiglia dei Polenghi Lombardo nota azienda del settore latte. L’Arezzo militava in serie C e lì rimasi in prestito fino al militare. Poi dopo la chiamata al servizio militare l’Atalanta mi mandò in prestito al Crema. Lì giocai per 5 anni, andavo avanti e indietro tra Bergamo e Crema, con me in prestito c’era anche Papini».
La morte del padre riportò a casa Gigi con la necessità di pensare prima alla famiglia e al lavoro che al calcio. Con Gigi Gelmi riviviamo una fetta del calcio a Bergamo nel primo dopoguerra, e la sua carriera calcistica tra Atalanta, Milan, Nossese, Arezzo, Crema. E in finale due o tre partite in promozione con il Dalmine, quando «in promozione c’erano giocatori che oggi sarebbero in A». Un calcio d’altri tempi in cui a Bergamo si giocava il primo torneo notturno, al Milan si andava in bicicletta, le squadre non avevano giocatori in panchina, e il portiere non aveva i guanti e imparava a prendere la palla sempre con il palmo della mano per non rompersi le dita.
Gigi finita la carriera sui campi comincia ad allenare: negli anni ’80 è allenatore all’Olimpia per due anni, poi passa agli juniores e agli allievi del Longuelo per 8 anni, e da oltre 20 anni è a Curno come preparatore dei portieri. Una storia del calcio a Bergamo che continua ancora oggi!
Carmelo Mangini

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