Io amo gli animali, davvero. Li ritengo una delle massime espressioni di Madre Natura. Sono cresciuto accanto a cani di grossa taglia e gatti. A proposito, devo confessare un reato ormai caduto in prescrizione (credo). Un triste giorno della mia fanciullezza ho scaraventato giù dal balcone un tenero micetto perché all’asilo mi avevano assicurato disponessero di sette o nove vite… e purtroppo ho scoperto non fosse vero. Ho sperimentato in quell’occasione, per la prima volta nella mia vita, cosa fosse la menzogna. Dev’essere stato un trauma perché non ho memoria di quel periodo ma questo particolare me lo ricordo fin troppo bene. Legalmente parlando, e chi è più autorevole di me mi corregga se sbaglio, gli autori di questo “scherzetto” avrebbero potuto essere incriminati per circonvenzione d’incapace (io), ma non perseguibili in quanto minori ed a voler ben vedere più incapaci del sottoscritto. Dopo questo spiacevole avvenimento i gatti non hanno più fatto parte della mia vita: solo cani di stazza medio-grande. Non so se i miei genitori convennero fosse la cosa migliore da farsi perché difficile per un bambino come me gettare un cagnone dalla finestra, fatto sta che fino all’età di ventotto anni sono sempre stato circondato da un grosso “migliore amico”. Poi mi sono sposato con una persona terrorizzata dagli animali ed è finito il mio rapporto con loro. Negli anni a venire ho conservato intatta l’ammirazione di cui sopra ma non ho più avvertito l’esigenza di avere un animale domestico, e non perché la mia ex moglie ne fosse spaventata. Da qui nasce la convinzione che, salvo casi particolari da analizzare nello specifico, la presenza di un animale domestico serva alla gente per tappare una falla, per coprire un buco, colmare un vuoto congenito o creatosi negli anni. Tante volte ho sentito la frase “la mia compagna mi ha chiesto un figlio. Le ho comprato un cane”. Si badi che ho detto cane perché un gatto non va accudito allo stesso modo: sono animali potenzialmente autosufficienti e non richiedono abbastanza attenzioni per coprire l’esigenza d’un figlio. Per tale scopo ne servirebbe più d’uno, come le “gattare” possono confermare. Molti di quelli che mi conoscono sanno che io ho due figli e, qui non temo smentita, sono sempre stato un padre presente e anomalo, cambiando spesso pannoloni ricolmi del frutto della loro rete intestinale tanto da divenire un campione a livello mondiale. Per la cronaca: ho partecipato a campionati di cambio del pannolone classificandomi quarto… su quattro partecipanti. Bando alle ciance, non nascondo che a volte guadando un bel cane, tassativamente di grossa taglia perché non li concepisco altrimenti, dica un “però” con quel tono che spinge a un seguito, ad un’idea che lavorata e opportunamente rivista potrebbe riavvicinarmi a quel tipo di animale. Ciò cade a fagiolo per ribadire quanto asserito in precedenza, difatti sono cosciente che in questo periodo della mia vita vi sia un buco che mi arrabatto a coprire. Ma, a spegnere qualsiasi velleità nella mia mente, vi sono però situazioni come quella vista alla guida dell’autobus in servizio sulla linea 1A Torre de’ Roveri. Giunto in via delle crocette nel comune di Pedrengo, mi fermo al semaforo e noto una signora intenta ad osservare il proprio Labrador mentre depositava sul marciapiede uno stronzo che, una volta caduto a terra, ho valutato avesse le dimensioni del mio avambraccio. Il cane era visibilmente felice, non foss’altro che per la conclusione d’uno sforzo immane. Aggiungo che il colorito del prodotto tradiva problemi intestinali della povera bestia. L’esile donna invece, di fronte a una quantità industriale di polifosfato organico solido, ha indugiato sul da farsi. Era chiaro fosse meditabonda ma poco dopo, con encomiabile spirito civico, s’è infilata i guanti aggirando l’elaborato, studiando il lato migliore dal quale afferrare il cilindro fecale. Pocanzi, non a caso, ho citato il quantitativo di pannoloni cambiati ai miei bambini perché la prospettiva di tornare a maneggiare quel prodotto, scaricato appunto a terra dal mio possibile quadrupede, mi crea un fastidio molto simile alla nausea. Non so se questo dipenda dal fatto che ho cinquant’anni e con le complicazioni portate dall’età, so però che serve a cancellare in me la più misera idea lasciando comunque intatto il mio sincero amore per gli animali. In conclusione, a proposito di bestie, voglio spezzare una lancia, ma sulla schiena, di quel branco di incoscienti che, vedendo i nostri tanto vituperati Verificatori Titoli di Viaggio (VTV) alla fermata della stazione a Bergamo city, hanno sbloccato la porta posteriore dell’autobus che stavo guidando, fuggendo dal suddetto come una falla nel Titanic mentre il mezzo era ancora in movimento, rischiando la “vita” per evitare una stupida multa. Augurare il male no, non si fa, è poco etico, una caduta di stile, però gradirei moltissimo assistere ad una vostra caduta di faccia sul cilindro fecale depositato da un grosso animale con forti problemi intestinali.

Marcus Joseph Bax