Ci sono due sentieri che portano alla Chiesa di Santa Maria del Misma. Il primo è velocissimo, impervio, ha sassi aguzzi, una pendenza fuori dal comune, il fiatone nel petto, l’acido lattico nei polpacci, il sudore che attacca la maglietta, l’immensa felicità che dà la fatica nell’esatto momento in cui finisce. Il secondo percorso è lento e curato, inizia con una strada d’asfalto, che si assottiglia piano piano per diventare un lunghissimo falsopiano sinuoso, morbido e sensuale tra alberi fitti come ce ne sono solo in certe favole ascoltate da bambino.
Non ho mai amato la montagna, da ragazzo non mi appassionava, finivano le scuole ed ero il primo ad andare al mare. Tornavo un mese dopo e a cento metri da casa mia c’era il lago, il Lario, le barche ferme da guardare, il sole senza impegno, i tuffi appena finita la galleria, le birre con gli amici di sempre, i fuochi, il cerchio e la chitarra.
Ce ne ho messo a capire il fascino della montagna, vent’anni a Bergamo, a camminare tra la sua gente. Sul Misma o sul Podone il senso che sento dentro è che per arrivare in cima ci sono sempre due sentieri, quello difficile e quello facile, portano allo stesso meraviglioso posto, ma le esperienze sono opposte. Così è la vita, non è dove si arriva, ma il viaggio che si sceglie di fare.

Matteo Bonfanti