Nominare il Papu a Bergamo in questo momento è uguale uguale a presentarsi travestito da Satana a un convegno di Comunione e Liberazione o con la maglietta del Che a un raduno dei nazisti dell’Illinois o, ancora, in Curva Nord con la divisa della Lazio. Ci si sente quell’attimo fuori luogo, o, almeno, è come mi sento io in questi giorni che con un articoletto domenicale ho centrato il mio personale record di critiche, seicento e passa commenti sull’incazzoso andante, un intero popolo che mi dà abbastanza del bigolo. Sostanzialmente dicevo che aver ceduto Gomez è stata una cazzata e che domenica con l’ex capitano in campo avremmo vinto con la Lazio. Il mio pezzo è stato già letto da più di centomila persone, probabilmente anche dal Gasp, che proprio oggi ha detto due parole sulla questione. Al netto che il lavoro del giornalista sportivo è tanto anche creare un dibattito, e che in questo senso sono felice che il mio lavoro abbia fatto parlare un sacco di appassionati, mi ha colpito quanto i tifosi atalantini abbiano voglia di dimenticare l’intera faccenda al più presto, perché l’addio è una ferita ancora aperta, da rimarginare. Tra i tanti commenti bellissimi mi piace riportare quello di Giulio Panza, che spiega bene come si sentano ora le persone che, come lui, amano smisuratamente la Dea. “Il Papu è forte e non si discute, ma ora non c’è più. Basta riesumarlo ogni volta che non va bene. È come pensare alla tipa che non te la dà più. Se ne cerca un’altra e chiuso”.
Matteo Bonfanti