Il Partito Democratico, non quello di di Enrico Letta, bensì quello americano, “ha comprato l’Atalanta”. E’ soddisfatto Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, che da sempre guarda l’”asinello”. Non così Franco Tentorio, ex sindaco e figlio d’arte atalantino, in tutti i sensi nostalgico, al quale questa cessione non va giù. Sì, perché Stephen Pagliuca, oltre essere a capo del fondo Bain Capital e tra i proprietari dei Bolton Celtics, è stato candidato al seggio senatoriale, quello che è stato per lunghi anni “proprietà” di Ted Kennedy, per i democratici e ancora fa parte della dirigenza del partito. Ovviamente in questo cambio d’orizzonte la politica c’entra ben poco. La cessione del 55% agli americani è una mera operazione finanziaria che è un aspetto fondamentale del capitalismo. Da sempre. E che da qualche tempo è lastricato dai fondi che per loro natura sono speculativi. E non credo ci sia bisogna di aver studiato alla Bocconi per capirlo, basta aver fatto ragioneria al Vittorio Emanuele nella nostra città. E’ chiaro che il mondo dei nostalgici e di tutti coloro che sono nati fans atalantini possa essere in subbuglio. I più anziani ricordano il senatore Turani, Luigi Tentorio, il cavalier Clemente Mayer (nessuna parentela con chi scrive), Mino Baracchi, e i contemporanei, la famiglia Bortolotti, Miro Radici, Ivan Ruggeri.
Dicevamo del capitalismo: si guarda sempre con spietatezza al profitto che è primo e unico comandamento per imprenditori, per uomini d’affari e per lobbies varie. E’ inutile pensare al passato né tanto meno al “Berghem Pride”. Magari ci starà male qualche simpatico leghista non tanto per lo sbiadito sovranismo salviniano quanto per la scomparsa dell’identità orobica e lo smottamento delle nostre radici. E’ da tempo che la globalizzazione è un’arma del liberismo sfrenato. Non solo ma lo stato permanente di crisi del sistema sta minando la salvaguardia di aziende, si usano tutti gli asset a disposizione per evitare il peggio. Quindi si mettono in atto tutele di ogni tipo, figuriamoci poi per l’effimero e instabile mondo del calcio. Certo, l’Atalanta sta benone, è una delle poche società italiane con i bilanci in attivo. “Ci attendono grandi sfide e la mia convinzione è che la partnership di investitori di così alto profilo non potrà che accelerare il nostro percorso di crescita” sono le parole, tra le altre, di Antonio Percassi. Vediamo se sono parole sincere.
Il pianeta che comprende social di varie tendenze è in subbuglio: c’è chi ci crede, ci sono gli “Agit-Prop” del complottismo secondo i quali Percassi ha gravi problemi con le sue aziende e si è protetto il fondoschiena con i bostoniani, ci sono, lo abbiamo già accennato, i nostalgici del tempo che fu quando l’Atalanta lottava per non retrocedere, ci sono quelli che si rassegnano “Così va il mondo”, quelli che aspettano di vedere il prossimo calciomercato tipo scambio col Tottenham Zapata-Kane oppure col Psg Messi-Koopmeiners, e, infine, quelli che sperano che l’Atalanta torni a giocare in Champions nella prossima stagione. In tal caso Stephen Pagliuca non serve, servono Muriel e Zapata. Perlomeno.
Giacomo Mayer