C’è la democrazia. E’ un patto tra i cittadini e chi li governa perché è stato votato. E già qui Conte non si sa bene che minchia c’entri. Ma andiamo avanti facendo finta che sia stato scelto da qualcuno di noi.
Eravamo al patto. Allora Conte va in diretta in tv all’inizio di marzo, già con l’orologio fermo al polso (e cambialo, con tutti i soldi che ti diamo…), e con quella voce da doppiatore di western americani degli anni Ottanta ci dice: “Facciamo un patto. Vi chiudo tutti in casa, vi tolgo il lavoro e gli svaghi, insomma la vita, ma vi prometto che noi qui (che prendiamo un sacco dei vostri soldi, ndr) intanto la risolviamo”.
Quindi ci rintaniamo, smettiamo di lavorare, di andare al bar, di giocare al pallone, di vederlo. Stiamo dietro ai figli, che a scuola non ci vanno più, alla casa, ai cazzi e ai mazzi che abbiamo a un metro e mezzo di distanza. Ci incasiniamo, io, ad esempio, do fondo a ogni mio risparmio, altri si indebitano. Ma lo facciamo col sorriso, del resto al patto col doppiatore di film western ci crediamo. Ce l’ha detto, “è una volta per sempre, uno sforzo unico nel suo genere”. E ce l’hanno ripetuto anche gli altri, i suoi amici, Zingaretti, Di Maio, Casalino e Renzi, ma pure chi (per finta) gli sta contro, Fontana, Gallera, Salvini e la Melona.
Sei mesi fa abbiamo messo le mascherine, ci siamo strizzati il culo, abbiamo pianto i nostri morti senza manco vederli. Tutto questo zitti e buoni, buoni e zitti. Perché c’era un patto, siglato da ognuno di questi qui: noi cittadini passavamo le pene dell’inferno mentre loro ne rampavano fuori (a tavola con lo champagne, ovviamente, ndr).
Ora il doppiatore dei filmacci, il sosia del commissario Montalbano, Fonzie, l’Evergreen Papete (che è il capo di Fontana) e la Mussolina ci vogliono rinchiudere di nuovo. Ma c’era un patto, che io ho rispettato. E loro no, perché non l’hanno risolta, perché è peggio di prima. Quindi non menino il torrone se c’è chi è incazzato nero. E manco me ne fotte se i loro colleghi europei hanno fatto lo stesso, sbattendosene anche loro i coioni di chi dovrebbero rappresentare e tutelare. Qui da noi c’era un patto. Non l’hanno rispettato. E ora devono andarsene.
Matteo Bonfanti