Era il 23 dicembre 2020, Sinisa Mihajlovic era già tornato in panchina dal primo ciclo di cure. Stavolta Josip Ilicic gli manda un messaggio, da profugo di guerra della ex Jugoslavia, riparato in Slovenia a 1 anno d’età dopo essere rimasto orfano del padre, un croato etnico in un’area della Bosnia a maggioranza serba. La foto di quell’abbraccio, perché nel confronto di domenica scorso San Giuseppe non c’era, segno di un affetto fraterno che va oltre le etnie, lungo quasi due anni: il tecnico del Bologna, serbo ma con mamma croata, stamani, ha annunciato il ritorno di avvisaglie della leucemia contro cui sta combattendo come un leone. Perché nel calcio come nella vita i confini sono barriere innaturali, irreali e disumane.