Forse era martedì, magari invece mi confondo e sto raccontando un’altra sera, magari quella di giovedì scorso, ma non è neppure così importante. Piuttosto ricordarmi di ricordare i battiti del mio cuore durante quel piccolo e immenso viaggio, il mio universo correndo su e giù da quella strada.
E allora c’è che scendevo a zig zag con la mia Pandona dalle colline della Val Calepio, che a me da sempre calmano ogni volta l’anima, e la luna stava facendo il suo, accarezzando il tramonto che c’è solo qui a Bergamo, illuminandolo con l’azzurro del cielo che dopo appena tre canzoni alla radio diventa il blu del mare, lo stesso colore dei miei sabati d’agosto, al largo con i figli, stretti stretti sopra un meraviglioso pedalò. E c’erano pure un sacco di nuvole arancioni, messe lì, sopra di me, per cambiarmi i contorni dei campi tutti attorno. E mi risuonavano le parole di Gianfranco, le prime del nostro primo pomeriggio insieme. Mi diceva: “Matteo, non sono venuto al mondo per odiare, incazzarmi o farmi venire il mal di stomaco, ma per tirare fuori il meglio da chi mi sta accanto, soprattutto da me, la sola persona che ho sempre addosso”.
Che meraviglia la vita, la sua magia, per caso, insomma per fortuna, un lavoro diventa un’opportunità straordinaria di crescita personale, regalando in un paio di giorni le risposte cercate invano negli ultimi sei mesi.
Così la cronaca: c’è che sto lavorando alla biografia di Gianfranco Lochis, imprenditore, presidente del Valcalepio, squadrone al vertice del campionato di Eccellenza, il massimo dei massimi per chi gioca nei dilettanti. Vado da lui un pomeriggio la settimana, gli chiedo dell’infanzia passata a dar da mangiare alle galline e ai vitelli, poi del suo anno da militare, quindi dell’amore per sua moglie, per il pallone e per i suoi figli, Leonardo e Matteo, due ragazzi super. E c’è che sto conoscendo tantissimi lati di Gianfranco, un uomo unico, che a quattordici anni si è rimboccato le maniche buttandosi nella lavorazione della plastica, dando vita con coraggio, con passione e con buonumore a una delle aziende migliori della nostra provincia, la Marloc di Foresto Sparso. Ma non è questo, o meglio non solo, di lui mi colpisce quello che lo muove, l’idea che l’unico fine dell’esistenza sia il benessere, per lui, per la sua famiglia e per qualsiasi suo dipendente, e che il mezzo per raggiungere questo traguardo siano il lavoro, i sorrisi e la comprensione.
“La nicchia, Matteo, ricordati sempre di prenderti cura della tua nicchia. E poi confrontati con chi hai vicino per non smettere mai di imparare. E tieni stretto le tue radici perché è da lì che vieni”. Così, dopo appena due pomeriggi accanto a Gianfranco, non so più se io stia lavorando per lui o lui per me. E mi accorgo che i nostri martedì di racconti, parole e risate sono il momento che più aspetto quando mi alzo il lunedì e ricomincio daccapo la mia settimana.
Matteo Bonfanti
Nella foto appunto Gianfranco Lochis