L’Atalanta rallenta ma esce imbattuta anche dal Bentegodi, fermata dal Verona che conferma tutte le doti che le hanno permesso di disputare un campionato sorprendente. Si è scritto che la squadra di Juric è una fotocopia della Dea. Una fotocopia tutt’altro che sbiadita, anzi lucida e colorata. L’1-1 non concede recriminazioni e forse si può ammettere un certo rammarico per non avere finalizzato alcune occasioni d’oro (Pasalic, Muriel, Zapata) ma obiettivamente i gialloblu non sono stati a guardare. Se tecnicamente l’Atalanta è più forte, il Verona ha colmato il gap giocando come sa: determinazione, tigna su ogni pallone e anche qualche brillante fraseggio verso l’area. Per l’occasione Gasperini ha messo in campo tutti e sette giocatori che avevano riposato col Brescia, vale a dire un undici tra i migliori della rosa a disposizione con la speranza di riportare a Bergamo quei punti decisivi per la matematica certezza di un’altra Champions. Non è stato così, vedremo se la Roma riuscirà a battere l’Inter. Ma non è il caso fasciarsi la testa, è solo rimandata di qualche ora. Siccome i bergamaschi sono diventati esigenti, adesso guardano di malanimo il pareggio di Verona. Sursum cora, in alto i cuori, anche i giocatori dell’Atalanta son umani e quindi, non abituati a giocare in un pomeriggio afoso, hanno faticato più del previsto e solo in rare occasioni sono riusciti a farci divertire. Non si tratta di un passo indietro ma di un imprevisto rallentamento. Come essere in coda per andare a Rapallo e non riuscire a trovare viuzze alternative. Scivolavano tutti, il terreno di gioco innaffiato a dovere è stato un tranello per tutti. Ma non è un alibi. Ha segnato Zapata, uno che scivolava spesso, ha risposto Pessina su respinta di Gollini. Nel frattempo Atalanta e Verona si erano inquadrate in un gioco lento e prevedibile senza lo spunto vincente: i nerazzurri cercavano il fraseggio, finalizzando su Zapata pronto allo scambio ma stavolta si trovava a fianco un Gomez impalpabile e fuori partita, tant’è che il gioco, soprattutto nel primo tempo, si manifestava dalle parti di Malinovskyi. L ‘ucraino non riusciva a liberarsi per il suo formidabile tiro perché i pretoriani della difesa dell’Hellas lo circondavano come fosse un esule in fuga. Eppure, subito in avvio, la coppia Malinovskyi-Zapata (mirabile colpo di tacco del colombiano) regalava a Pasalic un autentico pallone d’oro. Sciupato clamorosamente. Non possedendo arti divinatorie è difficile immaginare come si sarebbe svolta in seguito la partita, sicuramente avrebbe rallentato la baldanza degli scaligeri. Non che l’Atalanta sia inciampata in un ostacolo insormontabile, semplicemente era priva di brillantezza e idee, benché Gasperini dalla panchina continuasse a provare soluzioni alternative. Sbloccato il risultato con Zapata, lesto a sfruttare un erroraccio di Gunter, l’Atalanta sembrava finalmente padrona del gioco, invece no perché il Verona ha alzato il ritmo, e per fortuna quel furbastro di Juric aveva dichiarato che la sua squadra fosse stanca, e si è ammassato dalle parti di Golini, protagonista di almeno tre parate decisive con le incursioni di Salcedo e di un Amrabat moto perpetuo che aveva alle spalle il saggio Veloso. E così è arrivato il pari dell’ex Pessina. Bisognava ricominciare tutto daccapo. Ma l’Atalanta non aveva più la convinzione, il Verona aumentava il ritmo. Eppure all’ultimo secondo c’è stato un altro pallone d’oro per Pasalic, terminato fuori. Alla fine giusto così.
Giacomo Mayer