La vicenda della Nazionale, la sola sul pianeta Terra che si inginocchia a seconda degli altri, accasciati se gli avversari lo fanno, in piedi in caso contrario, da una parte mi fa incazzare perché non è facile tenere a una squadra di gente così (eccetto i cinque che amo perché non hanno paura di dire no ad ogni forma di discriminazione, ossia gli atalantini Pessina e Toloi, il bergamasco Belotti, Bernardeschi ed Emerson Palmieri). Questa Nazionale è fatta per la gran parte da persone che dicono, tramite capitan Chiellini, di non condividere la battaglia del Black Lives Matter, ossia la lotta mondiale al razzismo. Altro che divise azzurre, avessero un minimo di coraggio, scenderebbero in campo con le camicie nere.
Eppure venerdì alle 21 gli italioti del pallone si inginocchieranno perché lo farà il Belgio di Lukaku, “per solidarietà” dicono. Aggiungo io: a una sacrosanta battaglia sostenuta da tanti campioni, ma che gli azzurri non approvano. E non ne spiegano il motivo, che siano razzisti, che siano seguaci del suprematismo bianco, che siano contro le minoranze? Che siano, insomma, come quelli a cui fa tanto incazzare il Black Lives Matter, la rivendicazione mia e di un sacco di gente che tutti siamo uguali e ne abbiamo piene le palle di chi fa differenze?
Quindi Chiellini e compagni mi fanno arrabbiare, ma pure mi mettono addosso un’immensa tenerezza. Loro, così grandi e grossi, con palate di soldi in banca, mi fanno ricordare l’inizio della mia adolescenza, soprattutto una frase sempre ricorrente quando facevo le scuole medie, un mantra di mia mamma, “ma, Matteo, se i tuoi amici si buttano dal ponte, ti butti anche tu?”.
Cambiandola quell’attimo, resta che i nostri eroi sono messi uguali a me appena compiuti i dodici anni. “Ma se gli avversari si inginocchiano, ti inginocchi anche tu?”, direbbe mia madre, la famosa Valeria, se fosse il ct Mancini a Chiellini e compagni.
Matteo Bonfanti