di Matteo Bonfanti
Per me il colpevole della crisi economica italiana è internet. Non so se è così anche negli altri Paesi che non si sono più ripresi, da noi la causa è la rete. Ha fatto sparire un sacco di lavori, ne sta uccidendo altri finché alla fine ammazzerà qualsiasi occupazione. Lì non so cosa accadrà, se finirà bene, con lo Stato che verserà un sussidio a ogni residente, o male, con i nostri governanti che ci lasceranno crepare di fame.
Nel primo caso, ossia se mi manterrà il governo, starò sul divano a vedere tutte le partite di Champions League. In campo ci saranno calciatori bravissimi e pure buoni perché creati al computer e lo spettacolo sarà garantito, senza falli e manco gli 0-0 che mi annoiano a morte. Partite del genere ci sono già e c’è anche chi ci scommette sopra qualche euro. Quanto, invece, alla disgraziata ipotesi che Renzi decida di non darci il sussidio di disoccupazione, mi è venuta un’ideuzza, perfetta per chi, come me, è intorno ai quarant’anni: diventare il maggiordomo dei propri genitori, che stanno bene perché ricevono la pensione, ma invecchiano, vanno per i settanta e quindi un aiutante può servire. Per mille euro al mese (più vitto e alloggio) lavo, stiro, faccio la spesa, cucino, rispondo al telefono, cambio canale e do da mangiare agli animali. Insomma faccio un sacco di cose. Ed essendo un ragazzo padre, porto pure i miei due figli che sono piccini, hanno le manine e sono utilissimi quando bisogna attaccare le prese alla corrente. E con una misera paghetta straordinaria, parlo di cento euro, mi faccio pure sculacciare da mia mamma che può, menandomi, ricordare quando io ero piccolino e lei era giovane. Per la stessa cifra sono disposto a prendere botte anche da altre coppie di pensionati purché siano d’animo tenero e non siano completamente in forma. Pare un annuncio, ma non lo è. Però mi porto avanti perché sono un giornalista e il mio mestiere sta morendo. Quindi se avete voglia di tirarmi quattro sberle, scrivetemi in privato. Valuterò le proposte quando la carta stampata non ci sarà più. Tra cinque anni.
Chi sta uccidendo l’editoria? Facebook. Lo vedo su di me che prima compravo due quotidiani, uno a scelta tra Repubblica, Corriere ed Eco di Bergamo, e poi prendevo la Gazzetta. Ora non vado più in edicola, corro in ufficio, accendo il computer e sono inondato ogni giorno da migliaia di notizie, i famosi stati d’animo. C’è tutto lì e io non servo più. Perché se un allenatore viene esonerato, lo scrive sulla sua bacheca, così come quell’altro che arriva al suo posto. Fanno già tutto loro due. E io che ci sto a fare? Un tempo davo le notizie, adesso le ricopio in bello stile. Così succede ai colleghi che scrivono di altre cose, per la politica si prendono pari pari le frasettine degli onorevoli radunati in seduta plenaria su twitter. Quanto, invece, alla cronaca, l’incidente in centro si trova un po’ su un social un po’ sull’altro e c’è persino la foto del ferito che si è fatto un selfie per bullarsi con gli amici che se l’è vista brutta. E a questo punto a cosa serve il giornale? E chi ci lavora resta a casa, o in cassa o in prepensionamento.
Fosse solo l’editoria, uno dice “che vadano a fare i baristi”. Ma un posto al bar lo cercano in tanti, c’è la fila. Vediamo chi la forma. Gli ex postini, poverini, in un mondo dove c’è la mail e uno se manda una lettera o una cartolina può essere tranquillamente considerato un malato di mente. Avanti con chi organizzava i viaggi, le defunte agenzie (si fa da sé perché c’è skyscanner); chi vendeva i cd (le canzoni sono in rete), i librai (i romanzi si scaricano con la app di Steve Jobs), quelli che tiravano insieme la rubrica del telefono, gli altri che la distribuivano casa per casa. E poi c’è la televisione che non si guarda più perché ci si mette su youtube che ha la pubblicità, ma è tranquilla, non è invasiva, si può saltare con un clic.
Facciamo un rapido calcolo perché questo vuole essere il mio primo articolo di natura economica (si sa mai che trovi la mia strada…). Poniamo che nella sola Lombardia siano spariti in questa perenne crisi cento giornalisti, altrettanti postini, due dozzine tra cineoperatori e conduttori, un migliaio di persone impiegate negli altri mestieri soppiantati da internet. Mettiamo che lo stipendio medio di questa gente fosse millecinquecento euro al mese. Significa che in un anno sono scomparsi dalle tasche di noi lumbard ventiduemilioni, soldi che non ci sono più. Perché non è che se uno smette di comperare il Corriere per stare ore e ore su Facebook, quelli lì del social network, intendo i capoccia americani, assumono una creatura in Italia. Avete mai sentito qualche vostro amico dire “mi hanno chiamato quelli di twitter, mi pagano bene, va che è una meraviglia”? Oppure vi è capitato che il vostro ex compagno di classe al liceo vi riveli, con gli occhi gonfi di felicità, di essere stato preso a youtube? O a youporn (se sapete che cercano, fatemelo sapere, ma con discrezione)?
Io, come detto, una prossima occupazione ce l’ho già. E l’idea di diventare il parente badante mi piace assai. Mi mette i brividini. Se lancio questa proposta è per chi i genitori non ce li ha, insomma mi metto in gioco per gli orfani. Regaliamoci una giornata alla settimana senza internet. Ci si alza e si va a comperare il giornale, poi si accende la tv e ci si guarda mezzoretta di Rai Uno e un quarto d’ora di Maria De Filippi, quindi si scrive una lettera a una vecchia fiamma e si manda una cartolina ai nipotini. Finito il lavoro, si va una corsa in una delle poche agenzie viaggi superstiti e gli si fa fare qualcosa, anche un misero bigliettino Ryanair. Si alza il Pil in tranquillità e con la speranza nel cuore di un futuro migliore.