di Matteo Bonfanti
Io che in Grecia ha vinto Tsipras sono felice perché sono di sinistra e Renzi non lo è, ma mi tocca votarlo perché gli altri sono più cattivi che non si può e mi spaventano un bel po’. L’ex sindaco di Firenze, invece, è innocuo. E’ solo di destra, del Pd. Che significa che gliene frega di lui e dei suoi soci. E a me non piace. Allora oggi penso: chissà che si segua l’esempio e che uno Tsipras italiano, e ce ne sono tanti, decida finalmente di candidarsi. Un sacco di voti ce li avrebbe già. Il mio che sono reduce da uno schianto in moto e ho addosso, nella parte destra del mio viso, un male cane che non si ferma mai. Ma se vado all’ospedale manco mi tengono in considerazione. Mi dicono che se voglio guarire devo andare in una clinica privata. Perché la sanità pubblica qui da noi non esiste più. Da un pezzo. Anche se i miei genitori, che sono comunisti come Tsipras, mi hanno insegnato che in Italia è un diritto. Per i ricchi, per i poveri, per chi è medio come me. C’è persino nella costituzione. Ma non è vero che è gratis e io non glielo dico ai miei, li lascio sognare. Qui da noi per guarire si paga. Oppure si sta male. Per sempre.
Sono felice perché se arriva un’onda lunga dalla Grecia si può tornare a sperare che l’estate torni ad arrivare. E quando c’è il sole si sta a prenderlo rilassati sui tetti delle case o in qualche spiaggia. Non ci si arrabbia sul pullman coi negri che pure loro non è che qui in Lombardia stiano a fare i salti di gioia. Spesso li vedo più tristi di noi. Che, almeno, abbiamo qui i padri che ci aiutano a tirare grandi i nostri bambini. Se c’è uno Tsipras, il razzismo muore. Perché i bianchi e i neri diventano uguali, colorati, felici perché non siamo più grigi dietro a mille brutti pensieri. E ci si mette in cerchio a pensare come si può fare a stare meglio. Tutti. Per me vuol dire che ognuno ha da mangiare e quattro soldi in più per farsi due sere a far casino con gli amici. E’ facile, basta che nessuno abbia lo yacht. Che poi, magari, se c’è quello appassionato di navigazione, gli si regala un paio di biglietti per le navi che stanno a Cattolica o a Riccione. Sono barchette e alle sei di sera ti danno pure il pesce. Il viaggio costa dieci euro. Basterebbe non regalare i milioni a Marchionne e potrebbe andarci l’intero Paese. Che non so perché ma oggi che ha vinto Tsipras è una parola che mi piace. E magari ve la scrivo dieci volte e mi ripeto. E qualcuno di voi dirà: non è un bravo giornalista. E io rifletterò che ha ragione, ma che stavolta non scrivo per strabiliare, ma così, di getto, alla rinfusa cosa penso sia un mondo migliore.
Vorrei che la scuola pubblica facesse innamorare i miei figli. Non come quella di adesso che li annoia a morte perché ha insegnanti anzianissimi che, per motivi di bilancio statale,  non possono andare in pensione. La mattina è una lotta, mi guardano e paiono due gattini, mi chiedono di restare a casa. E io non l’ho mai fatto, ci sono andato sempre volentieri. E avevo le loro maestre che all’epoca erano giovani e forti e mi facevano divertire. Adesso non più perché sono vecchie e secche e dovrebbero riposare. Ma non possono perché qui e ora dobbiamo mantenere i nostri parlamentari. Il più economico ci costa trentamila euro al mese. E sarebbero da impiccare.
Io non voglio che se arriva Tsipras accoppa l’intero parlamento, ma solo che porta i nostri onorevoli in un’isola lontana. Magari con le maestre dei miei figli, mettere lì i deputati, in un blando isolamento, a insegnargli un po’ di educazione civica. Chissà mai che qui scompaia questo eterno inverno. E ritornino i miei amici che vanno a vivere in Australia, in Irlanda o in Inghilterra perché qui la primavera tarda ad arrivare.