Sono figlio di gente normale, né ricca né povera, ma che ogni soldo in tasca se l’é dovuto sudare. Sia Marco, mio babbo, che Valeria, mia mamma, hanno passato una vita tra i banchi di scuola, la sera lontani da me e da Chiara, mia sorella, mille e passa interminabili consigli d’istituto, altrettante notti di scrutini, oppure la mattina in classe, la puzza dei poveri, immigrati da chissà dove, portandoseli ogni pomeriggio a casa a insegnargli la matematica e l’italiano. Quando s’imparano i calcoli, ogni volta che si trovano le frasi della propria anima, si comincia a profumare di rose. E’ la cultura, spesso salva vecchi, donne e bambini, sempre fa rima con riscatto.
Mio papà scrive poesie. Sono profonde come il lago, d’amore, ma com’è per noi di lì, baci rubati alla frontiera, con cento rime capaci di spaccarti a metà il cuore se non le hai lette mai. L’altro ieri ero da mia mamma, col coraggio dei giorni migliori mi ha fatto leggere due suoi racconti, erano bellissimi, meravigliosi, erano perle da leggere e rileggere, da mettere al collo di chi ami per festeggiare l’anniversario felici, ubriachi, liberi e soli.
Così mentre ammiro la meravigliosa Atalanta di Pessina impegnata a fare la storia, ora che sono tra assist, dribbling e passaggi, lontano lontano dal mondo, scrivo questa manciata di righe sui miei, sul dono più grande che mi hanno fatto dopo quello immenso di avermi messo al mondo.
E’ il viaggio delle parole, che loro hanno in ogni cassetto, nascoste, senza averne mai fatto un lavoro, per missione verso gli alunni di un’Italia da salvare, ma anche tanto per rispetto dei grandi scrittori, pur avendone lo stesso cuore e il medesimo talento, regalandomi, senza neppure volerlo, questa cosa: sentire ogni volta addosso la mia fortuna, che è prendere da trent’anni uno stipendio per scriverne, che è già di per sé una benedizione.
E ora godiamoci il momento, che la Dea ha vinto e si giocherà la finale con la Juventus. E io avrò il privilegio di doverla raccontare in un articolo intriso di sudore e di gloria, di vento e di speranza.
Matteo Bonfanti