Passata la festa di Azzano senza manco un casino di quelli belli grossi, insomma con gli alpini ancora tutti vivi e vegeti nonostante li abbia costretti domenica sera a una delle partite dall’età media più alta che sia mai stata giocata al mondo, mi sono preso il solito giorno annuale per tornare in forma a ridosso dei primi bagni stagionali. Ho preso la decisione ieri notte, un attimo prima di andare a letto. Mi sono guardato allo specchio e c’era Mariolino, il bambino fatto di birra, di Spritz e di amaro del Capo che cresce da nove mesi nella mia pancia. L’ho accarezzato e gli ho parlato, teneramente, ma in modo fermo. Gli ho detto: “Mario, stare con te è stato bellissimo. Mi hai fatto un’immensa compagnia e ti sono grato. Ma da domani si cambia perché sei davvero troppo grosso. Così mi fai male, soprattutto psicologicamente, ma pure ai piedi e rischio che mi vengano le vene varicose. Quindi dimagrisco e ti faccio tornare di dodici settimane”. Mariolino non mi ha risposto, io ho capito il momento di tensione e non gliel’ho menata. Poi siamo stati in un silenzio carico di significati. Quindi mi sono lavato i denti e ci siamo addormentati.
Oggi mi sono alzato carico, saranno state le nove, obiettivo dichiarato tornare a rivedere sulla bilancia la decina degli ottanta. Idee in partenza chiarissime, digiuno, Adda e fitness. Poi però a casa c’era un silenzio quasi surreale e io ho pensato che non capita mai perché ogni volta che mi prendo un giorno di ferie, non so in che modo (e dovrei pure indagare), ma i miei vicini lo scoprono e se lo prendono anche loro, uno per trapanare qualcosa in bagno, l’altro per buttare le bottiglie nel vetro dopo tre mesi di pesante alcolismo, il terzo, quello più tranquillo, per fare dell’allegro bricolage con una motosega di quelle giuste, cingolata alla perfezione, un carro armato che costa parecchi denari da Leroy Merlin. Questa mattina non c’erano, quindi ne ho approfittato, ho chiuso gli occhi un secondo, li ho riaperti ed erano le undici e mezza.
Importantissima la scelta dell’abbigliamento. Così mi sono dato ai capi più attillati che ho nell’armadio. L’ho fatto per sentirmi ancora più ciccione e quindi totalmente motivato a concludere il massacrante allenamento programmato dopo il colloquio con Mariolino. Quindi la mise: magliettina grigia comperata l’estate scorsa a Cattolica, quando ancora ero Large, insomma senza l’Extra davanti nell’etichetta, braghette nere Acerbis in acrilico altamente infiammabile che, se si bagnano, si appiccicano alle gambe e al pacco, esagerando le due forme, facendomi apparire sovrappeso, ma anche abbastanza dotato, qualcosa che a noi masculi dà sempre una certa soddisfazione. Scarpette le solite, le Adidas nere con le tre righettine bianche, che portano bene, mai un infortunio in questi tre anni, ma puzzano di bestia, lo so perché mio figlio Vinicio, che è uno strapulito, me la mena ogni mattina. Io comunque tengo duro e non le mollo perché non voglio farmi male.
Va beh. Sono partito da casa, ovviamente a bordo della Pandona, più o meno a mezzogiorno. Mi sono detto “bevo un caffè e leggo due minchiate sull’Italia” ed è passata un’ora. Ieri sera avevo dimenticato il carica cellulare in redazione, allora sono passato una corsa in ufficio, un posto che ha il potere di inglobarmi, di trasformarmi al volo in una scrivania o in un armadio o in una sedia. Ho acceso il telefono dopo dodici ore ed era la giungla dei messaggi, ho risposto a tutti e mi è partita un’altra mezz’ora, nel frattempo sono arrivati Marco e Monica, i miei colleghi, dalla pausa pranzo. Ci siamo messi a chiacchierare fitto sui progetti per la prossima stagione calcistica imminente. Erano pieni zeppe di idee. E alle tre ero ancora qui. Ho fatto il solito giro social e il consueto giro mail e alle tre e quarantacinque sono partito. Sono arrivato a Brivio alle quattro e mezza, sono andato al parcheggio per iniziare l’allenamento, ma avevo addosso una fame pazzesca. Al primo barettino ho preso una birretta e una piadina gigante, mezzo chilo di crudo, formaggio a go go e maionese come se piovesse. Lì, per caso, ho incontrato una mia carissima amica di quando ero ragazzo, Lor, coi suoi due bambini, ed è stato stupendo, un anno di racconti in pochi minuti.
Finito di parlare con lei, persona bellissima, intelligente e sorridente, erano le sei di sera. Ho preso la Pandona e sono tornato a Bergamo perché era il momento. All’inizio del viaggio ho acceso il riscaldamento al massimo, per creare una sorta di sauna dimagrante all’interno dell’abitacolo, ma ho subito desistito per paura che la mia maghina si surriscaldasse troppo finendo per prendere fuoco come quando cappottano nei film americani.
Mariolino, il bimbo che ho nella pancia, fatto di birra, di Spritz e di amaro del Capo, era felice. Pericolo scampato, perché domani torno a lavorare.
Matteo Bonfanti
Nella foto: io e Mariolino mentre facciamo i due esercizi giornalieri di oggi