Io sono gay, omosessuale almeno per un terzo. Amo i miei amici. Non faccio l’amore con loro, ma li stringo addosso a me ogni volta che ne hanno bisogno. Gli racconto i miei lati più profondi, piango e rido senza avere la minima paura di mostrarmi fragile o fortissimo. Da ragazzi ci è capitato anche di baciarci sulla bocca ed era qualcosa di normale, di semplice e di naturale, che accade quando ci si vuole tanto bene e per dirselo le parole non bastano più. Adoro i miei lati femminili, la dolcezza delle mie frasi scritte su fogli di carta che poi diventano barchette e aeroplanini, i miei capelli rossi, ricci e lunghi, l’accoglienza verso chi mi accorgo sta passando un brutto momento e non riesce a uscirne.
Io sono disabile. Certe mattine è il mio corpo, il ginocchio destro che si gonfia e mi fa zoppicare per ore, certe altre è la mia mente, l’ansia che dalla testa gioca a imprigionarmi le spalle per poi scendere giù, fino allo stomaco. Mi appesantisce, mi convince che non ce la farò e mi fa vedere tutto nero, persino il mare azzurro che c’è a luglio lungo la Riviera oppure l’arcobaleno che appare nelle mattine di primavera tra i colli e il cielo sopra a Bergamo.
Io sono straniero, come lo è chiunque abiti in Italia, la terra più antica al mondo, calpestata da mille e passa popoli. Ho gli occhi celesti, le lentiggini e la pelle chiarissima delle donne e degli uomini che vivono nelle terre più a nord, capace che si scotti tutta stando un minuscolo minuto sotto il sole di agosto. Come i rom sento il vento, arriva e mi obbliga a partire, a prendere la macchina senza un vero motivo, ma solo per seguirne la scia. Scende la notte e mi salta dentro la mia parte ereditata dal sud del nostro pianeta, il chiasso che faccio, l’allegria che mi prende all’improvviso, la voglia di far festa su una spiaggia.
Io sono diverso da tutti e a tutti gli altri uguale, sono minoranza e sono maggioranza, sono gay, ma anche un uomo innamorato perso della sua donna, sono un disabile, ma pure una persona nel pieno delle forze, sono straniero, ma fiero di essere italiano, figlio di una cultura e di una storia immense. Per questo sogno che il mio Paese, quello dove per puro caso mi è capitato di nascere, abbia leggi che tutelino me, ogni mia parte e la mia gente. Senza applausi e cori da stadio quando per pura convenienza elettorale i nostri governanti ci negano diritti sacrosanti.
Matteo Bonfanti
Nella foto abbracciato alla Dea ora al Blu Puro, un’altra parte di me, oggi che si deve battere la Lazio