Diversamente da altri colleghi, perennemente a caccia di mi piace, intenti quindi ad esagerare con le lodi sperticate o con le bocciature senza scampo a seconda del risultato giornaliero della partita dell’Atalanta e della conseguente pancia dei tifosi, mi ero ripromesso di dare il mio giudizio sul lavoro di Ivan Juric solo alla fine del girone d’andata. Questo perché ho ritenuto fin da quest’estate che il compito del croato fosse durissimo. Intanto per la difficile eredità del Gasp, che ho sempre considerato il migliore allenatore in Italia, una spanna sopra agli altri. Poi per la rosa uscita indebolita dal mercato, vedasi la perdita di Retegui, uno dei tre centravanti più forti della Serie A, dai maldipancia, leggasi Lookman, dagli infortuni di alcuni uomini chiave, su tutti Ederson e Kolasinac, e dall’invecchiamento di pedine fondamentali per la Dea, e qui parlo di de Roon e di Djimsiti. Se ora do una valutazione a Juric come mister dell’Atalanta, è perché sembra che la sua avventura a Bergamo sia ormai finita. Sarò impopolare, ma io non reputo fallimentare la sua esperienza, alla sua Dea mancano almeno sei punti, quelli persi all’esordio col Pisa, e in casa con la Lazio e col Milan. Occasioni create, gioco convincente, ma la palla che non entra mai e sempre per un soffio, in campo, va ricordato, senza più la coppia più bella della Serie A 2024-2025, ossia Retegui & Lookman, quaranta gol complessivi, due che, se sono in giornata, il modo di sistemarla lo trovano anche quando la squadra va così così.
Da un mesetto è un’altra Roma, che si sta avvicinando all’Atalanta che ci ha fatto sognare, ma prima di arrivarci Gasp è stato tenuto in piedi da una fortuna sfacciata, partitacce, ricordo quella con l’Hellas, vinte col famoso pullman di allegriana memoria davanti a Svilar, con due giocate due dopo aver subito gli avversari per l’intera sfida, l’esatto contrario della malasuerte, quella che invece è capitata a Juric in questo primo scorcio di campionato. Il calcio è anche questo, impercettibili attimi in cui si svolta in positivo o in negativo, magari anche solo per un paio di centimetri, la palla che entra, la palla che esce, la differenza del mondo e dei giudizi, l’autostima, importantissima, che cresce o che si dimezza. Al netto di quello che ho detto all’inizio, ossia che Gasperini è un fattore di successo straordinario, tanto per l’incredibile temperamento, il solo in grado di tenere l’intera brigata perennemente sul pezzo, c’è anche che è un uomo che ha un gran culo. Juric no.
C’è poi il capitolo Champions, il croato ha perso malissimo col Paris, che però in questo momento è una squadra di marziani, poi ha fatto bene, due vittorie, col Brugge e col Marsiglia, e un pari, quello contro lo Slavia Praga, e la Dea è in piena corsa per i play-off.
Ora, è giusto cambiare Juric? Penso che il ragionamento che stanno facendo a Zingonia sia quello di dare una scossa, un nuovo allenatore che dia continuità a una rosa comunque di un livello buono, ma che alterna nella stessa settimana prove positive, ad esempio quella al Velodrome, ad altre di difficile lettura, oggi col Sassuolo il culmine dopo altre due prestazioni in campionato non da Atalanta, ossia contro la Cremonese e con l’Udinese. Nel pallone, quando ci si trova in una situazione del genere, nel novanta per cento dei casi si cambia il mister, che, non a caso, il detto dice che paga per tutti.
Ma credo che la scelta che si vocifera, quella di Raffaele Palladino, potrebbe rivelarsi un autogol per gli stessi motivi che hanno reso altalenante l’esperienza a Bergamo di Juric, la spina dorsale gasperiniana che per un motivo o per l’altro non è più quella delle scorse stagioni, intestardendosi a riproporre il modello senza però gli interpreti per l’affaire. Un altro allievo del mago di Grugliasco si troverebbe a dover recitare lo spartito tanto amato, ma senza gli assi di comprovata memoria nelle maniche della sua camicia.
E allora perché non buttarsi su un grande nome, mettendo nell’armadio il sogno della continuità di gioco, sparigliando le carte, facendo il primo passo verso una rivoluzione che in estate si dovrà comunque fare se si vuole restare tra le grandissime d’Italia? Roberto Mancini, campione d’Europa con la nostra nazionale agli ultimi Europei, è libero.
Matteo Bonfanti


lunedì 10 Novembre 2025
